Cassazione, stretta su violenze sessuali e molestie: anche un'allusione può portare al licenziamento

Gli ermellini hanno esaminato due casi emblematici, su una violenza sessuale e su alcune molestie sul posto di lavoro. In entrambe le situazioni la risposta dei giudici è stata molto severa

Cassazione, stretta su violenze sessuali e molestie: anche un'allusione può portare al licenziamento
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Nuovo passo in avanti contro la violenza sessuale e le molestie commesse sul posto di lavoro. Con due sentenze, relative a due casi differenti, la Cassazione traccia infatti una linea decisiva, imponendo una stretta maggiore e severa nei confronti di chi commette uno di questi reati. Per quanto riguarda le molestie sul lavoro, ad esempio, basterà che l'offesa sia solo verbale per far giustificare il licenziamento.

Il caso di Busto Arsizio

Partiamo dal caso di Busto Arsizio (Varese), dove i giudici della Suprema corte si sono espressi nei confronti di un uomo accusato di violenza sessuale e maltrattamenti. Nei confronti del soggetto è stata confermata la condanna a 12 anni.

"In tema di reati contro la libertà sessuale, nei rapporti tra maggiorenni, il consenso agli atti sessuali deve perdurare nel corso dell'intero rapporto senza soluzione di continuità", spiegano infatti i giudici nella loro sentenza, come riportato da Il Messaggero. "Integra il reato di violenza sessuale la prosecuzione del rapporto nel caso in cui, successivamente a un consenso originariamente prestato, intervenga in itinere una manifestazione di dissenso", concludono.

Punto focale della situazione, dunque, rimane il consenso, che deve esserci in ogni momento. Il consenso iniziale all'atto sessuale, precisano infatti gli ermellini, non è sufficiente nel caso in cui il rapporto venga consumato in forme e modalità non gradite dalla persona offesa. Nella vicenda di Busto Arsizio, la vittima aveva rivelato di essere stata costretta a continuare il rapporto sessuale malgrado avesse chiesto al marito di smettere.

Allusioni sessuali ad una barista

Da Firenze arriva invece un caso di molestie sul posto di lavoro. La Cassazione ha confermato la sentenza della Corte di appello fiorentina, che aveva già rimandato al mittente il reclamo espresso dal dipendente di un'azianda, reo di aver commesso molestie verbali nei confronti di una collega. Gli ermelli spiegano molto chiaramente come sia sufficiente anche un abuso di tipo verbale perché sussista il reato di molestie.

Nel caso in esame, una neoassunta a tempo determinato per un lavoro da svolgere al banco di un bar era stata infastidita dal collega. La donna aveva denunciato in due occasioni di aver ricevuto allusioni a sfondo sessuale da parte dell'uomo e si era rivolta alla direzione aziendale. Il collega è stato poi licenziato, ma questi si era difeso dicendo di non aver fatto nulla di male e che le sue, in sostanza, erano solo battute.

Anche le

allusioni, tuttavia, possono essere considerate molestie. La Cassazione insiste sul "carattere indesiderato della condotta, pur senza che ad essa conseguano effettive aggressioni fisiche a contenuto sessuale".

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