I punti chiave
Si prospetta una settimana calda per il presidente degli Stati Uniti. Martedì 12 settembre, lo speaker della Camera dei rappresentanti e repubblicano di ferro Kevin McCarthy ha dato istruzioni alle commissioni competenti per l'apertura formale di una inchiesta finalizzata all'impeachment del Presidente Biden.
L'assalto repubblicano
"Si tratta di accuse di abuso di potere, ostruzione e corruzione che giustificano ulteriori inchieste da parte della Camera dei rappresentanti". McCarthy giustifica così la decisione di procedere contro il capo di Stato americano in questa prima fase del procedimenti di impeachment, dutante il quale si raccolgono prove a sostengo delle accuse. "Il presidente ha mentito agli americani sugli affari esterni della sua famiglia. Questo logico passo successivo darà alle nostre commissioni il potere di raccogliere tutti i fatti e le risposte che il nostro popolo merita".
Il riferimento è ai tre comitati repubblicani che hanno già condotto indagini separate su Hunter Biden, il figlio del presidente, sospettato di aver sfruttato la posizione di suo padre per assicurarsi contratti vantaggiosi all’estero. L’obiettivo del Gop è scoprire se il leader americano abbia tratto vantaggio dagli accordi conclusi dal figlio o se abbia abusato del suo potere per influenzarli.
Il mese scorso, McCarthy aveva ventilato la possibilità di un’indagine, sottolineando che avrebbe richiesto alla Camera un voto per procedere: “Si tratta di una questione molto seria. Su questo argomento, il popolo americano merita di essere ascoltato dai suoi rappresentanti. Per questo, se procederemo, non lo faremo tramite la dichiarazione di una sola persona”. Una palese rottura, questa, con la democratica Nancy Pelosi, suo predecessore come speaker della Camera che aveva unilateralmente dichiarato l’inizio della prima indagine contro il presidente Donald Trump nel 2019. Martedì 12, però, il repubblicano ha cambiato le carte in tavola, conscio della mancanza di un consenso all'interno del suo partito.
Chi è contrario all'impeachment di Biden
McCarthy avrebbe avuto bisogno di 218 voti per procedere, ma non poteva contare sull’assoluto supporto della sua maggioranza. Alcuni repubblicani, come Ken Buck (Colorado) e Don Bacon (Nebraska), avevano espresso un certo scetticismo riguardo all’impeachment. Altri invece, pur favorevoli a procedere contro Biden, si erano lamentati delle tempistiche. Nelle prossime settimane, infatti, il Congresso dovrà decidere come finanziare il governo nel prossimo anno fiscale e diversi compagni di partito hanno accusato McCarthy di voler evitare il confronto su questo argomento. “Non ho ancora visto prove che rientrino nello standard costituzionale per una procedura di impeachment”, aveva commentato Mitt Romney (senatore dello Utah). “Si devono spiegare al popolo americano le motivazioni per cui si è deciso di seguire questa strada e presentare accuse chiare. Questo non è ancora successo”.
Alla Camera, il Gop ha solo dieci seggi in più rispetto ai democratici. In sede di voto, dunque, si sarebbe potuto permettere di perderne solo cinque. Un'eventualità su cui McCarthy non ha voluto scommette. Se l’aula avesse respinto la richiesta, sarebbe stato un duro colpo per i repubblicani in vista delle elezioni del 2024, e lo stesso McCarthy si sarebbe trovato sotto scacco. Alcuni tra i più ferventi sostenitori dell’impeachment avevano minacciato di privarlo della sua carica se la votazione si fosse conclusa con esito negativo.
La reazione della Casa Bianca non si è fatta attendere.
"I repubblicani della Camera hanno indagato sul presidente per nove mesi e non hanno trovato alcuna prova di illeciti", ha scritto in un post su X il portavoce Ian Sams. "La richiesta di impeachment è estremismo politico nella sua forma peggiore".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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