Quelle 13 telefonate di Biden per convincere Netanyahu. E la "cellula segreta" degli Usa che ha trattato con Hamas

Pressing degli Stati Uniti per il rilascio degli ostaggi. Faccia a faccia con Bibi e gli ultimi contatti col Qatar. "Ora bisogna chiudere". Washington e lo scontro sull'occupazione di Gaza: "Noi fortemente contrari"

Quelle 13 telefonate di Biden per convincere Netanyahu. E la "cellula segreta" degli Usa che ha trattato con Hamas
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Washington - È il tardo pomeriggio di martedì a Washington, quando al Giornale giunge l`invito del Consiglio per la Sicurezza nazionale a partecipare a una call con un «alto funzionario dell`amministrazione». Argomento, l`accordo per il rilascio degli ostaggi in mano ad Hamas. In Europa è già notte, così come in Israele, dove Benjamin Netanyahu ha convocato una riunione di governo per approvare i termini dello scambio. Ma «niente è garantito», mette le mani avanti il funzionario, che chiede di mantenere l`anonimato. La ricostruzione che fa delle lunghe e complesse fasi della trattativa mette nero su bianco quanto si era intuito in queste settimane di guerra. Dal primo, incondizionato «via libera» di Biden alla vendetta di Israele contro Hamas, sulla spinta dell`orrore suscitato dagli attacchi del 7 ottobre, al pressing crescente per un approccio più cauto. Un braccio di ferro tra il presidente Usa e il premier israeliano, che va di pari passo con quello che la «cellula segreta», formata dai più stretti consiglieri di Biden per gestire la vicenda degli ostaggi, gioca con Hamas tramite gli intermediari.

La conferma è data dalle «quattordici interazioni tra il presidente e il primo ministro» dall`inizio della crisi. Tredici telefonate e un faccia a faccia, in occasione del viaggio in Israele del 18 ottobre. C`è, parallelo, ma questo il funzionario Usa non lo dice e non può dirlo, il crescente disagio all`interno dell`amministrazione e dell`ala progressista dei Democratici, di fronte alla furia che Israele ha scatenato su Gaza. Il tema degli ostaggi diventa quindi centrale. Il Qatar, spiega il funzionario, si fa subito avanti, per proporsi come mediatore con Israele e Usa. Nella partita si inserisce anche l`Egitto di Al-Sisi. Gli americani inviano un team «sul terreno» per verificare le informazioni che giungono dalle varie triangolazioni. Proprio nell`incontro del 18 ottobre, Biden sposta il «focus» della discussione con Netanyahu sulla questione degli ostaggi, tra i quali ci sono una decina di americani. «È il tema principale», dice il funzionario, oltre a quello degli aiuti umanitari nella Striscia, che gli israeliani accolgono con fastidio. Altro argomento di contrasto, l`assedio a Gaza. «Noi non eravamo d`accordo e lo abbiamo detto chiaramente».

Biden ottiene l`ingresso nella Striscia dei primi camion di aiuti. Il 23 ottobre, Hamas rilascia due donne americane. «È lì che abbiamo capito che il Qatar poteva veramente fare qualcosa». La strada è ancora lunga, anche perché Hamas non fornisce l`elenco degli ostaggi. Il 25 ottobre c`è un`apparente svolta, con un accordo di massima per la liberazione di 50 donne e bambini in una «prima fase», in cambio di prigionieri palestinesi. Il 12 novembre Biden chiama l`emiro del Qatar e gli dice che quanto ottenuto «non è abbastanza». Servono le generalità di tutti i 50 ostaggi che verranno liberati. Anche questo il funzionario non lo dice, ma è chiaro che Biden vuole certezze che in questo primo gruppo ci siano dei cittadini Usa. Poco dopo, Hamas rilascia la lista completa delle persone che verranno liberate: ci sono donne, bambini, neonati. Il 14 novembre Biden chiama Netanyahu e il premier israeliano si dice d`accordo, «in termini generali», ad andare avanti. Israele propone una «formula». L`accordo viene strutturato «per incentivare» il rilascio di altri ostaggi, dopo i 50 della prima fase. «Speriamo di riportare tutti a casa dalle loro famiglie».

La sera del 14 novembre sembra fatta, poi le truppe di Israele entrano nell`ospedale Al Shifa e «Hamas smette di comunicare con Egitto e Qatar». Il 17, Biden parla nuovamente con l`emiro del Qatar e lo pressa: «Bisogna chiudere». Viene messo a punto un testo di 6 pagine, «con dettagli di implementazione per entrambe le parti». La soluzione sembra a portata di mano, ma il 19 novembre il gabinetto di guerra di Israele chiede delle «modifiche». Non tali però da compromettere il risultato finale. A partire da oggi, «almeno 50 ostaggi» verranno rilasciati nell`«arco di 4-5 giorni».

In cambio Israele garantirà uno «stop completo alle operazioni militari in tutta Gaza». Dei dieci americani che si ritiene siano in mano ad Hamas, ne verranno liberati tre: due donne e la piccola Avigail. Compirà 4 anni il 24 novembre.

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