Ieri Milano era proprio bella. Le scarpe da corsa super griffate si mischiavano in maniera stranamente armoniosa con le tutine da running nel serpentone di 60mila partecipanti della Stramilano. Nelle strade chiuse al traffico, pareva che la primavera avesse spinto sull’acceleratore confezionando una domenica perfetta per accogliere quella schiera di podisti, improvvisati o meno, con la maglia rossa della 50esima edizione. Ieri Milano era veramente bella da dio.
Immaginate ora la soddisfazione di aver corso (e solo a tratti passeggiato!) per 10 chilometri e la spensierata stanchezza con cui ho sceso le scale mobili della metropolitana per tornare a casa. E immaginate di perdere quella serenità nel giro di sei secondi. Non ci si abitua facilmente a Milano: ogni volta che pensi di poter abbassare la guardia, subito ti riporta con i piedi per terra.
Sei secondi sono bastati a percepire la leggerissima tensione sul marsupio che indossavo a tracolla, rendermi conto che non era solo un urto nella bolgia della stazione strapiena, girarmi e vedere quelle dita leste sfilare il mio portafogli dalla cerniera aperta.
Il settimo secondo l’ho impiegato in un calcolo, perché qualcosa non mi tornava. Davanti a me, un ragazzone di un metro e novanta, felpa scura, jeans e – ironia della sorte – scarpe da corsa. Niente gonne larghe, niente felpe di pelo, niente pancione. Questa seconda figura rientra più facilmente nei miei schemi, costruiti con i racconti degli amici che sono già stati derubati, con i video di Striscia la Notizia e le riprese amatoriali di quei video diventati virali nelle ultime settimane. Le borseggiatrici a Milano le vedi tutti i giorni e alla lunga le riconosci, ma questo spilungone è una triste novità.
Non mi sono fermata troppo a valutare i rischi, gli ho afferrato con forza il polso e le sue lunghe, lunghissime dita hanno mollato la presa dal mio portafogli. Gli ho strappato di mano la giacca dove poteva già aver messo il mio telefono o l’abbonamento della metro, chi lo sa. Gli ho urlato contro di tutto e di più mentre i miei amici controllavano le tasche del suo gilet. "Cosa le hai rubato?", inveivano aggiungendo i loro decibel ai miei. "Una Coca-Cola", ha risposto lui ridendo, e facendomi urlare ancora di più. Il trambusto però non è bastato ad attirare l’attenzione dei due impiegati Atm che stavano a pochi metri da noi, impassibili spettatori. Li ho letti gli articoli dei giornali e so bene che nemmeno la polizia può fare più di tanto a questi ladri, ma sono rimasta comunque delusa dall’inazione dei due.
Da mesi infatti la tensione sale sulle banchine della metropolitana di Milano. La rinnovata attenzione mediatica sul tema ha scaldato gli animi di molti, e la violenza fisica ha fatto il suo ingresso sulla scena dei borseggi. Da una parte le vittime che si accorgono del furto e reagiscono; dall’altra le borseggiatrici (ora i borseggiatori?) che impiegano tutta la loro forza fisica per portare a termine un furto e non si fanno problemi a picchiare le loro vittime.
Ormai, negli orari di punta e nelle stazioni più affollate, tutti portano gli zaini davanti e si guardano attorno circospetti. I turisti ci osservano con aria interrogativa finché un messaggio registrato ("Beware of pickpockets") spiega loro come leggere la strana scena. Pare che ci abbiamo messo meno noi clienti a rassegnarci a questo problema che l’azienda stessa a trovare una soluzione.
Io alla fine sono salita sulla metro con tutte le mie cose, lui forse solo con un mal d’orecchi, due carrozze più in là.
Dopo il tentato borseggio di ieri, Milano mi è sembrata forse un pochino meno bella. Fortuna che stamattina le gambe indolenzite dalla corsa hanno richiesto tutta la mia attenzione, e sono scesa di nuovo in metro senza farmi troppi problemi. I mille benefici dello sport.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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