Una donna di origini siciliane di 64 anni, in attesa di giudizio per presunti abusi sessuali compiuti insieme al marito ai danni di un uomo di 65 anni, si è tolta la vita nel carcere di Torino: stando a quanto riferito dal legale della coppia Massimo Bellini, i fatti si sono verificati nella giornata di oggi, giovedì 23 maggio.
La vittima e il coniuge si trovavano dietro le sbarre per l'accusa di aver violentato in più di una circostanza il proprietario dell'abitazione di Cogne nella quale i due si erano trasferiti a vivere. L'avvocato ha spiegato a La Stampa di aver inoltrato numerose istanze di scarcerazione per far uscire dal carcere i suoi assistiti, trattandosi di persone senza precedenti di alcun genere. "Avevamo per ben tre volte chiesto al gip di Aosta la revoca della misura cautelare in carcere. Gli indagati sono due persone anziane e incensurate", spiega il dottor Massimo Bellini, profondamente amareggiato per un tragico epilogo che si sarebbe potuto evitare. Poche le notizie filtrate fino ad ora, si sa solo che la vittima si è tolta la vita all'interno della cella in cui era detenuta.
Il legale della coppia punta il dito in particolar modo contro la misura della carcerazione preventiva, in grado di creare dei profondi disagi a chi da essa viene colpito, oltre che di far perdere significato al concetto stesso di presunzione di innocenza."La tragica notizia di un detenuto suicida in attesa di giudizio", prosegue infatti Bellini, "mette in luce l'ingiustizia e la disumanità della custodia cautelare preventiva".
"Privare una persona della libertà senza una condanna definitiva", affonda l'avvocato, "non solo mina la presunzione di innocenza, ma può anche infliggere sofferenze psicologiche insopportabili". "È un monito doloroso sull'importanza di riformare il sistema giudiziario per garantire che i diritti umani siano sempre rispettati e che la custodia cautelare sia usata solo come ultima risorsa", considera il legale.
Il prossimo obiettivo, soprattutto alla luce della tragedia avvenuta quest'oggi, è quello di chiedere la scarcerazione del coniuge della vittima e quindi di ottenere la misura degli arresti domiciliari da scontare a Caltanissetta, dunque ben lontano da Torino, dove vive la presunta vittima degli abusi sessuali. "Per me c’è solo profondo dolore, ma al contempo tanta rabbia", commenta l'avvocato Bellini.
"Occorre solo prendere coscienza che nelle carte processuali c'è la vita di ogni uomo. La carcerazione preventiva spesso si trasforma in una grave ingiustizia che la Giustizia con la G maiuscola non può tollerare", conclude il legale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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