I match tra Verdi e Sala? Solo un antipasto dei no grillini a "Majo"

Crepe nella maggioranza su green e sviluppo. E per il candidato in Regione sarebbe peggio

I match tra Verdi e Sala? Solo un antipasto dei no grillini a "Majo"

Beppe Sala scriveva giorni fa i suoi buoni propositi per il 2023: «Parlare poco, lavorare tanto, non farmi tirare dentro polemiche inutili». Ci ha messo qualche giorno di troppo però per ingranare la retromarcia e tirarsi fuori dal pantano delle polemiche in cui l'ha ficcato (ancora una volta) l'ala green più radicale della sua maggioranza. Anticipando i tempi - e le resistenze Pd, ostile a sollevare un caso in campagna elettorale - il consigliere della lista Sala Marco Mazzei è riuscito a far approvare in Consiglio il famoso ordine del giorno che impegna (impegnava) la giunta a imporre il limite a 30 all'ora in città dal 2024. É scoppiata la protesta di commercianti, tassisti, persino dei vigili contro una misura che rischia di intasare il traffico e non risolvere il problema incidenti. «Non può essere l'unica soluzione - ha ammesso il sindaco a 4 giorni dal voto -. Va verificato dove si può applicare, non su tutta la città. Al momento è uno stimolo che ci dà il Consiglio su cui sto riflettendo con attenzione». Tanti saluti ai talebani ambientalisti e pure all'assessore alla Mobilità Arianna Censi che aveva promosso la città al rallenty già dal 2024. «Come purtroppo sospettavamo l'odg è aria fritta - l'ira che il capogruppo di Europa Verde Carlo Monguzzi ha affidato ai social -. Milano è sul piano ambientale una città conservatrice, priva di coraggio». A Sala ha sottolineato poi che «c'è un problema di rispetto istituzionale e di democrazia grosso come una casa: l'Aula non ha alcun ruolo, invece dovrebbe dettare gli indirizzi, e gli assessori servono solo a fare inutili dichiarazioni sui giornali». I commenti dei fan del 30 all'ora sul web sono tranchant: «Il sindaco sta dando i numeri», «il famoso sindaco verde..». Tra Sala e l'ala green è uno show di controcanti e giravolte che va in onda dal 2016. Il caso più eclatante è quello dello stadio di San Siro, dopo tre anni di stop and go prima di Natale la maggioranza ha trovato faticosamente i numeri per approvare l'ennesimo odg che pone paletti al progetto dei club ma accontenta anche i dem favorevoli al nuovo stadio. Se, come sembra, cadrà l'alibi (per Sala) di congelare fino alle Regionali il via libera al pubblico interesse «in attesa che il governo chiarisca se porrà un vincolo sul Meazza» - minacciato dal sottosegretario Sgarbi e «rimosso» dal presidente del Senato Ignazio La Russa - non potrà tentennare oltre. E scatteranno le solite bordate dei consiglieri verdi. Una al giorno. Ieri il solito Monguzzi tuonava contro il taglio di 83 alberi secolari alla Caserma Montello. Un vicino gli ha inviato un video dall'alto «altrimenti nessuno avrebbe saputo nulla perchè la caserma è circondata da muri alti. Viva il Comune del green e della trasparenza». Un colpo al cerchio e uno alla botte. Occhio alla stangata in vista su Area C dalla seconda metà dell'anno, in quel caso Sala darà un segnale alla sinistra green.

Se il «modello Milano» è quello a cui aspira il canidato del centrosinistra alle Regionali Pierfrancesco Majorino, sostenuto pure dal Movimento 5 Stelle - alias «movimento del no» -, la Lombardia dovrebbe prepararsi al peggio. Coi riformisti Pd schiacciati tra verdi e grillini, adios «locomotiva d'Italia». Un assaggio l'alt ai termovalorizzatori annunciata da Giuseppe Conte, Majorino ha dovuto prendere le distanze. Per dire.

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