Fra due mesi saranno trascorsi 41 anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, la ragazzina di 15 anni sparita nel nulla il 22 giugno del 1983, eppure la sua famiglia non ha mai smesso di cercarla, anche a costo di scontrarsi con le massime istituzioni. Intervistato dal Corriere della Sera, Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, parla della commissione d'inchiesta di recente apertura che dovrebbe riesaminare il caso della sorella e portare - si spera - alla verità.
"Sicuramente la commissione è un grande passo avanti", ammette Orlandi. "Sono comunque contento che le istituzioni non abbiano ceduto alla pressione del Vaticano, che non voleva assolutamente che venisse approvata. C'è stato soltanto un astenuto ed un contrario, che tra l'altro alla fine ha votato sì. Dunque, è stata approvata quasi all'unanimità. Se non si riuscisse anche questa volta a portare a casa un risultato, sarebbe davvero molto grave. Ricordiamoci che questa è la terza inchiesta. Sono convinto che arriveremo alla verità, non potrà essere occultata per sempre. Deve essere così", aggiunge l'uomo.
Ancora una volta, dunque, viene puntato il dito contro il Vaticano. Più volte, in questi anni, la famiglia Orlandi è arrivata inevitabilmente a scontrarsi con la Santa Sede. Tante le domande rimaste senza risposta, tante le accuse velate. Ancora oggi il caso di Emanuela Orlandi rimane un mistero. Più volte Pietro Orlandi ha affermato che molto su sua sorella non è stato detto, e ha lanciato appelli, anche a papa Francesco, in quanto il pontefice, a suo dire, "sicuramente sa cosa è successo a mia sorella, come lo sapevano Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Bergoglio sa cosa è accaduto altrimenti non mi avrebbe detto 'Emanuela sta in cielo, Emanuela è morta'".
Questa difficoltà a far partire la commissione bicamerale d'inchiesta potrebbe avere una sola motivazione, secondo Orlandi: "Penso che il Vaticano non volesse la commissione". "Lo ha anche detto il promotore di giustizia vaticano Diddi. Il Senato ha fatto una serie di audizioni per poter capire la necessità o meno di questa commissione e, nel corso della prima, Alessandro Diddi ha in effetti sottolineato che aprire una terza indagine sarebbe stata una 'intromissione perniciosa rispetto all'ottimo lavoro che stiamo già facendo'. Questo episodio mi ha fatto molto riflettere", aggiunge l'uomo. Secondo Pietro Orlandi, essendo sua sorella una cittadina vaticana, sarebbe stato nell'interesse del Vaticano che venisse aperta un'inchiesta anche da parte delle istituzioni italiane per fare luce sulla vicenda. Se l'aiuto non è gradito, ipotizza l'uomo, forse è perché viene cercata una verità più comoda. Non solo. Le audizioni della commissione parlamentare sono pubbliche, e anche questo, secondo Orlandi, potrebbe risultare sgradito.
Riguardo alle sconcertati accuse secondo le quali ci sarebbe addirittura la famiglia Orlandi dietro il rapimento di Emanuela, Pietro Orlandi commenta: "È stato l'ultimo dei tentativi del Vaticano di spostare le attenzioni sulla famiglia, affinché non andasse in porto la commissione. Una notizia totalmente insensata, anche perché le indagini, già fatte anni fa dalla Procura di Roma, avevano escluso totalmente il coinvolgimento di mio zio dal rapimento di Emanuela. Se ne è parlato come se fosse una novità, ma la questione è stata già affrontata e chiusa da anni".
Un pensiero va anche al giornalista, da poco scomparso, Andrea Purgatori, che tanto si è speso per il caso di Emanuela. Purgatori raccontò di essere stato contattato da un ex dipendente della sala stampa vaticana, ma relativamente a questa pista non ci sono stati, purtroppo, sviluppi. "Questa donna ha telefonato a Purgatori e ha raccontato di aver ricevuto una chiamata dai presunti rapitori nei giorni della scomparsa.
Poi le è stato detto, dai piani superiori, di dimenticarsi di quella chiamata. Sarebbe interessante parlare con lei. Purgatori non mi ha detto il nome di questa persona, poi si è ammalato e non c'è stato più modo di parlarne", spiega Orlandi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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