Pure il biglietto per il Marocco si era comprato. E si era anche presentato all'imbarco pronto per partire, bloccato poi dal personale di Malpensa che ha notato che l'uomo era fuori di sé e ha chiamato il 118. È la ricostruzione delle ultime ore del 39enne italo-marocchino che venerdì notte si è schiantato contro la Lancia Ypsilon su cui viaggiavano due donne, uccidendole sul colpo, al casello di Ghisolfa, a Rho, sull'autostrada A4 Torino-Milano. Dopo l'intervento del personale sanitario, venerdì pomeriggio era stato ricoverato all'ospedale di Gallarate. E sarebbe forse ancora ricoverato, se non avesse preso la scellerata decisione di fuggire, forse in preda a uno dei suoi deliri, staccandosi anche il braccialetto del ricovero, ritrovato poi nella sua auto.
"Forse prima dell'impatto dormiva"
Gli inquirenti hanno ricostruito che il 39enne quella sera era ritornato al parcheggio dello scalo con l'aiuto di un cugino, per recuperare l'automobile. Sempre il familiare gli avrebbe consigliato di andare a dormire a casa sua, una richiesta rimasta purtroppo inascoltata. Si ipotizza che durante il suo ricovero i sanitari gli avessero somministrato delle benzodiazepine. “Forse prima dell'impatto dormiva”, è una delle ipotesi al vaglio della procura di Milano che coordina l'inchiesta sul caso. Di fatto, è impossibile per qualsiasi guidatore, non vedere il casello segnalato e illuminato in più punti.
La procura valuta la misura di sicurezza in una Rems
Si indaga quindi sul passato dell'uomo, definito “una scheggia impazzita”, per via del suo lungo pregresso di cure psichiatriche, l'ultima delle quali in un ospedale nel piacentino, dove viveva insieme alla moglie. Era stato in cura in un centro psicosociale per diversi anni, con le prime terapie somministrate a fine anni '90. Il destino ha voluto che durante una delle sue crisi abbia incontrato sulla sua strada l'auto con a bordo Laura Amato e Claudia Turconi, morte tragicamente nello schianto. Il 39enne, indagato per omicidio stradale plurimo, al momento resta ricoverato nel reparto di psichiatria dell'ospedale San Carlo. Il pm Paolo Filippini, che coordina l'inchiesta, potrebbe però chiedere di trasferirlo in una struttura di sicurezza, adatta alla sua situazione.
Chi erano le vittime
Laura Amato, di Robecchetto con Induno, aveva da poco compiuto 54 anni ed era di ritorno dalla sua festa di compleanno insieme alla amica Claudia Turconi, 59enne che lascia quattro figli. Entrambe lavoravano come operatrici sociosanitarie, la prima alla Macedonio Melloni, la seconda alla Fondazione Colleoni di Castano Primo. “Non so nemmeno cosa dire se non che avevamo davanti ancora mille avventure da vivere tutti insieme, come ci hai insegnato tu - ricorda Roberta, figlia di Claudia - Eri una mamma, un papà, un'amica, una sorella, una zia, eri il nostro mondo.
Il tuo carattere diretto e sincero con tutti, le parole di conforto che avevi per noi ogni volta che avevamo un problema, la mia guerriera che mi ha aiutato a convivere con una malattia fin da quando avevo 16 anni".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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