Dopo 29 anni la Cassazione annulla le nozze perché la moglie è lesbica

Dopo 29 anni di matrimonio, la Cassazione ha annullato le nozze di una coppia pugliese con tre figli anche a causa dell'omossessualità della mogli

Dopo 29 anni la Cassazione annulla le nozze perché la moglie è lesbica

È un caso destinato a far discurere: sono state annullate le nozze ad una coppia sposata da 29 anni, e con tre figli, perché la moglie è lesbica. È questa la decisione della Cassazione in merito ad una coppia pugliese naufragata a causa dell'omossessualità della moglie.

Nozze annullate

Anche se il matrimiono è durato, quindi, per un tempo superiore ai 10 anni ed è stato arricchito dalla nascia dei figli, la prima sezione civile della Cassazione ha deciso per l'annullamento. Nell'ordinanza depositata oggi, l'omosessualità della moglie ha convalidato il riconoscimento dell'efficacia nell'ordinamento italiano di una sentenza ecclesiastica con la quale era stata dichiarata, nel 2012, la nullità di un matrimonio celebrato nel 1990.

"Decisione discriminatoria"

Il Pg si è opposto, invano, parlando di decisione "discriminatoria" della libertà sessuale e affettiva della donna che è stata considerata "malattia psichica" per i suoi gusti sessuali. Come riporta l'Agi, i giudici di piazza Cavour hanno respinto il ricorso presentato dalla procura generale della Cassazione nel quale si sottolineava che "l'unica ragione fondante la decisione del giudice ecclesiastico, che si muove tra giudizio e pregiudizio, è l'omosessualità" della signora, "biasimata a causa del suo orientamento sessuale e per questo considerata affetta da 'disturbo grave della personalità'".

Inoltre, è stato fatto notare come si fosse al di fuori da quei "paletti posti dalla giurisprudenza che non ammettono annullamento di nozze con oltre 3 anni di convivenza". Secondo il pg della Suprema Corte, in questo modo, era stato violato il "limite dell'ordine pubblico interno e internazionale", con riferimento al "diritto fondamentale di vivere liberamente la vita sessuale ed affettiva sancito dalla Costituzione, dalla Cedu e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonchè con riferimento al principio di non discriminazione".

Ricorso respinto

I giudici della prima sezione civile hanno respinto il ricorso della procura generale secondo cui, in situazioni simili, non è possibile la rilevabilità "d'ufficio", mancando un ricorso, come in questo caso, dei coniugi interessati. In ogni caso, la Corte ha ritenuto non fondata la doglianza relativa alla "decisiva rilevanza dell'omosessualità" della signora: "la condizione soggettiva della moglie - si legge nell'ordinanza - non è stata affatto l'unica ragione fondante la decisione del giudice ecclesiastico", e si sottolinea che è stato "valutato l'eventuale contrasto con l'ordine pubblico, escludendolo".

Decisiva la "condotta" dei coniugi

Il "vizio di nullità del matrimonio è dipeso - osservano ancora i giudici del Palazzaccio - dalle condotte di entrambi i coniugi, in base a quanto accertato nella sentenza

impugnata", per cui "non rivestono rilevanza alcuna, nella specie, il principio di non discriminazione o il diritto di vivere liberamente la vita sessuale ed affettiva nel senso prospettato nel ricorso".

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