Altro che briciole serve un nuovo Piano Marshall

Altro che briciole serve un nuovo Piano Marshall

Urge un Piano Marshall europeo e italiano per invertire il ciclo recessivo. Il governo, che ha mal gestito la situazione e continua nella mala gestione dei problemi sanitari del Coronavirus e delle ricadute economiche, vara ora, in ritardo, alcune misure di natura finanziaria di sostegno alle aree colpite che non sono neppure pannicelli caldi, potrebbero definirsi pannicelli tiepidi, poiché il rinvio di pagamenti di bollette e oneri fiscali non genera risorse aggiuntive. E l'Italia era già in recessione nell'ultimo trimestre dell'anno scorso.

Un mega piano di rilancio basato sull'investimento era necessario ancora prima che arrivasse il virus cinese, diventato italiano, ma oramai internazionale e, in particolare, europeo. Sicché ora occorre un Piano Marshall europeo di investimento che dovrebbe arrivare almeno all'1% del Pil dell'eurozona, grosso modo 115 miliardi di investimenti nel 2020, e un Piano Marshall italiano dell'1,5% del nostro Pil, pari a 26 miliardi, comprensivi della componente europea. Che, per fortuna, è possibile attivare autonomamente, senza aspettare le delibere degli eurocrati, essendovi un apposito Fondo creato da Junker a cui i governi europei possono attingere e che è in larga misura sino ad ora inutilizzato. La ragione per calcolare al 50% in più il fabbisogno italiano di rilancio è duplice. L'Italia era già in recessione e il Coronavirus ha colpito in misura più consistente le regioni dell'Italia a maggior sviluppo industriale. Secondo le stime di Ref Ricerche, un istituto che collabora con l'ufficio del Bilancio del nostro Parlamento, nel primo semestre del 2020, il Pil italiano, per effetto del virus, dovrebbe diminuirfra l'1 e il 3% del Pil ossia probabilmente del 2%. Ciò in quanto le Regioni colpite dal virus producono una quota molto elevata del Pil italiano. Aggiungo però che se per alcuni aspetti è importante il riferimento alle Regioni, come soggetti giuridici e aree economiche, il governo sbaglia a riferirsi solo alle Regioni, unità politica e giuridica fondamentale, peraltro molto trascurata dal governo attuale, che ha bloccato lo sviluppo delle autonomie regionali, con danno particolare proprio per Lombardia e Veneto e in parte per l'Emilia. Non tiene in conto infatti che le province lombarde o venete o dell'Emilia-Romagna possano avere diverse situazioni di blocco economico produttivo. Sarebbe bene guardare a ciò, sia dal profilo turistico, che riguarda il turismo metropolitano, ma anche quello marittimo, lacustre, montano, sia dal profilo degli apparati produttivi industriali, agro-industriali e artigianali.

In ogni caso, una stima prudenziale del Piano Marshall italiano di un 1,5 di Pil, circa 26 miliardi, può essere adeguato perché, mediante i suoi effetti indotti, genera un volume di Pil addizionale, che può arrivare al raddoppio. Ciò tramite due canali. Il canale della maggior domanda di beni di consumo e di investimento personale degli addetti impiegati nel piano; e il canale del nuovo investimento delle imprese che fanno gli investimenti con il capitale materiale e immateriale a loro disposizione. Gli economisti li chiamano «moltiplicatore» e «acceleratore» e il loro totale è stimato dalla Banca di Italia nel raddoppio solo nella migliore delle ipotesi. Spendendo nel Piano Marshall italiano l'1,5% del Pil, stando prudenti, si dovrebbe poter generare almeno il 2-2,5% annuo.

Sono però convinto che pure questa sia una impresa ardua, dato il governo che abbiamo e le leggi e le burocrazie di ogni specie contro cui si deve lottare. Il finanziamento può essere facilitato dall'abbondanza di denaro liquido che vi è sia nelle banche e sia, potenzialmente, nella Banca Centrale Europea, la quale può comprare i prestiti fatti da imprese pubbliche, da banche e da enti semi-pubblici e con garanzia pubblica, dotati di requisiti di solvibilità. Purtroppo la legge obbiettivo di Berlusconi che semplificava e accelerava gli appalti e prevedeva maggiore spazio per procedure di diritto privato fu abrogata. E così c'è il nodo dello sblocco dei progetti di investimento incagliati dalle procedure attuali.

Però abbiamo il modello d'emergenza adottato a Genova per il ponte Morandi che sta funzionando bene. Esso va duplicato per questa emergenza. Occorre rimboccarsi le maniche, come nel dopoguerra, quando il Piano Marshall fece ripartire l'Italia e l'Europa.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica