AstraZeneca sì, ma non per tutti

Il governo sconsiglia il siero per gli under 60, così cambia il piano

AstraZeneca sì, ma non per tutti

Conciliare la necessità di iniziare a programmare le riaperture - magari mirate solo ad alcuni settori e in alcune regioni - con l'andamento dei numeri della pandemia e con la tenuta del piano vaccinale. Non solo sul fronte dell'approvvigionamento, ma anche su quello della sicurezza e della credibilità della campagna stessa, sopratutto rispetto alle notizie degli ultimi giorni su AtraZeneca. È sul filo di questo complicato equilibrio che Mario Draghi si sta muovendo in queste ore, alle prese con quella che è certamente la sfida più difficile da quando è arrivato a Palazzo Chigi.

Il premier, infatti, avrebbe già voluto buttare giù una tabella delle possibili riaperture o, comunque, delle restrizioni da allentare. Perché è ben consapevole del fatto che l'onda delle proteste è destinata a crescere, che l'insofferenza delle categorie produttive più colpite dalla pandemia non farà che aumentare e che l'unico modo per disinnescare questa bomba sociale è trovare un punto di caduta che tenga insieme tutte le esigenze: quelle sanitarie e quelle economiche. Ma la strada è più in salita di quanto si pensi, perché il caso AstraZeneca inceppa la tabella di marcia che il governo si era immaginato sulle somministrazioni di vaccino nel mese di maggio. Il warning dell'Ema sul legame tra AstraZeneca e alcuni casi di rare trombosi ha infatti portato ad una «raccomandazione» da parte dei ministri della Sanità dell'Ue per usare il siero in questione «in via preferenziale per gli over 60». Una risposta niente affatto condivisa dai Paesi dell'Ue, dove convivono posizioni diverse. C'è la rigidità degli scandinavi - Svezia e Finlandia - che vorrebbero vietare del tutto AstraZeneca e non è detto che non lo faranno. C'è poi la prudenza di Germania, Francia e Inghilterra, che sono invece intenzionate a recepire la «raccomandazione» per la somministrazione agli over 60. E infine c'è l'Italia, che seguirà quasi certamente la stessa strada. Più che per convinzione, perché la politica ha delle sue regole non scritte.

Nessuno - infatti - lo dirà mai pubblicamente, ma nel governo sono in molti a pensare che su AstraZeneca ci sia un eccesso di allarmismo. Nel Regno Unito c'è stata una trombosi su trecentomila vaccini e un decesso su due milioni e mezzo di dosi somministrate. Basta leggere i numeri del Covid e l'incidenza della mortalità sui contagiati per rendersi conto - come infatti evidenzia l'Ema - che i benefici superano ampiamente i rischi. Un argomento molto scientifico, ma certamente poco popolare. Soprattutto se la linea dell'Europa è di estrema prudenza. La realpolitick, insomma, dice chiaramente che sarebbe troppo rischioso concedersi fughe in avanti. Nonostante il fatto che l'Ue non abbia una linea comune non aiuti per nulla. Tanto che, conclusa la riunione con i ministri della Sanità dell'Unione europea, pure Roberto Speranza non ha lesinato critiche. Non solo è convinto che AstraZeneca sia un vaccino sicuro, tanto che - fa presente nelle sue conversazioni private - in Gran Bretagna hanno «abbattuto fortemente la mortalità» proprio grazie all'uso del vaccino in questione. Ma è anche molto critico verso l'approccio dell'Europa: «Non è possibile andare in ordine sparso su una questione così». Considerazioni condivise con - e da - Draghi. Che, non a caso, una settimana fa si è vaccinato proprio con AstraZeneca.

Il premier, intanto, ha già riprogrammato la campagna di vaccinazione, al netto dello stop di Vaxzevria per gli under 60. Da oggi, saranno aperte le somministrazioni per le persone comprese tra i 60 e 79 anni, una platea - spiega il commissario straordinario Francesco Figliuolo - di «circa 13,6 milioni di persone», delle quali «oltre 2,2 milioni hanno già ricevuto la prima dose».

L'obiettivo, insomma, è evitare

rallentamenti nella campagna vaccinale. E puntare quanto prima sulle riaperture. L'auspicio del ministro degli Affari regionali Mariastella Gelmini è che «alcune riaperture» arrivino già «dal 20 aprile». Di certo, «da maggio».

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