Il biberon di Diana Pifferi potrebbe raccontare più di qualcosa su ciò che potrebbe essere avvenuto alla bambina negli ultimi giorni di vita e, al tempo stesso, ridimensionare o amplificare il ruolo della madre Alessia nella morte.
Sono partite ieri all’Istituto di Medicina Legale di Milano le analisi sul biberon della piccola Diana, trovata morta a luglio 2022 dopo essere stata lasciata da sola nella casa di Milano in cui abitava con la madre, Alessia Pifferi. La donna, attualmente in carcere, l’aveva infatti lasciata senza custodia per trascorrere del tempo con il compagno ed è stata assente alcuni giorni.
In base alle prime indiscrezioni, sul capello della bambina sarebbe stata trovata una sostanza compatibile con l’assunzione di benzodiazepine. Ma questo non inchioda affatto Alessia: non è infatti detto che la donna abbia somministrato deliberatamente la sostanza, trovata in una boccetta nella cucina della casa, né che sia stata somministrata quel giorno. Alessia spiegò inizialmente che la boccetta era stata lasciata da un uomo conosciuto in chat e frequentato intorno a marzo-aprile 2022, quando aveva interrotto per un periodo il rapporto con il compagno.
Inoltre l’analisi sul capello potrebbe evidenziare una sorta di contaminazione. In altre parole c’è da capire la porzione di capello che ha mostrato la presenza di benzodiazepine e se questa presenza si è verificata su più capelli. In più questa assunzione può essere retrodatata anche in termini di mesi, e va confrontata con eventuale presenza o assenza nelle urine, dato che nel sangue questo riscontro non c’era. La grande domanda è: questa sostanza compatibile alle benzodiazepine era in qualche medicinale usato tra l’altro con prescrizione pediatrica?
È molto probabile che se, invece, la scienza dovesse provare che Diana possa essere stata sedata quando Alessia è andata via, la posizione della donna potrebbe diventare più difficile: la sedazione potrebbe infatti portare all’accusa di omicidio volontario. Però una presunta sedazione potrebbe spiegare perché quando Alessia ha lasciato da sola la bambina, questa non fosse reattiva e si trovasse in posizione fetale. In più nessuno nel condominio l’ha mai sentita piangere. Alessia ha affermato di averle dato solo alcune gocce di Tachipirina perché la bimba aveva qualche linea di febbre.
“Lei ha escluso categoricamente di aver mai somministrato alla bambina queste gocce - ha spiegato a Quarto Grado la legale Solange Marchignoli parlando di Alessia e riferendosi alla presunta somministrazione volontaria o involontaria di benzodiazepine -
Mi è venuta in mente una circostanza che ci aveva raccontato in maniera veloce. Le ho posto una domanda, mi ha dato una precisa risposta su cui lavoreremo e lì c’è la chiave, c’è la risposta a questo quesito”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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