Barbie è figlia di un’eroina emancipata. Come si può pretendere che metta il velo?

L’ultima versione la vuole con l’jihab. Ma la madre della bambola più famosa del mondo fu Lili, protagonista di un fumetto tedesco e simbolo trasgressivo della liberazione femminile già agli inizi degli anni Cinquanta

Barbie è figlia di un’eroina emancipata. Come si può pretendere che metta il velo?

All’ultima Barbie hanno messo il velo. Una cosa che non si può vedere considerato che una volta è stata persino candidata (virtuale) alla Casa Bianca. Lo hanno fatto in omaggio a Ibtihaj Muhammad, la schermitrice olimpionica americana, bella, brava e musulmana. Ma il messaggio resta sospeso nell’equivoco dei nostri tempi: ognuno può vestire come gli pare in una società libera, ma come si fa ad accettarlo quando molti di quei veli, se non tutti, sono l’accettazione di una condizione impari con l’uomo? Di certo la bambola, di per sé, si porta dietro da secoli anche simbologie sinistre, le bamboline del voodoo per esempio sono mezzi di sofferenza e di morte, e si fa fatica a credere che solo nel 1700 è diventata solo un gioco per bambine. Bisogna aspettare la fine dell’Ottocento prima di veder nascere la prima catena di produzione industriale, con la testa in legno e le gambe in metallo. Prima, le bambole, venivano intagliate da un unico pezzo di legno o disegnate su impasti di cartapesta. E volevano dire altro. Fa un certo effetto vedere la bambola velata a Duemila abbondantemente superato, visto che la nonna di Barbie, che si chiamava Lilli, era una donna emancipata di più di mezzo secolo fa, protagonista inizialmente di un fumetto di inizio anni Cinquanta.

Il successo fu così clamoroso che da disegno diventò bambola: la vendevano i negozi di sali e tabacchi, e considerato il fatto che era diventata una bambola, diciamo così, per adulti a comprarli erano soprattutto uomini. Fu Ruth Handler, designer della Mattel, a farne il modello della Barbie: in Germania ne comprò tre esemplari, li portò in America e ne addolcì le caratteristiche. E la trasformò in una figlia della «beautyful society», la bambina che tutte le bambine volevano essere, il simbolo, in qualche modo, del modello culturale occidentale. Innocente, pura e eternamente fidanzata di Ken. C’è da dire che la Barbie velata made in Usa non è la prima bambola islamica: in Medio Oriente Barbie si chiama Sara, porta il chador, e ha una sorella egiziana di nome Laila. I più esperti ci fanno sapere anche che Sara è sciita. Tutto il contrario di Lili, che si guadagnava da vivere seducendo ricchi pretendenti, una donna fatale intelligente e arguta.

E che in una vignetta al poliziotto che la rimprovera perché indossa il bikini sul marciapiede risponde «Oh, è secondo lei che parte devo togliere?...» Barbie, la pupa più sognata, ha seppellito le antenate fatte di legno, cartapesta e celluloide. Sopravviverà al velo. Anche perchè qui è chiaro quale indumento dovrebbe togliere...

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