La battaglia al dolore e gli equilibri della vita

È sufficiente un malessere oppure un disagio per fare emergere paure e incertezze. Come andare incontro alle richieste di aiuto

di Luigi Cucchi

Il dolore è una spia, annuncia un danno che si sta verificando nel nostro corpo, ci permette di intervenire sulla patologia riportando così l'organismo al normale stato di salute. Il dolore rappresenta uno dei più grandi problemi di salute pubblica ed è considerato dall'Oms tra le sei priorità da affrontare nel Venunesimo secolo. Lo si definisce fisiologico quando rappresenta una corretta risposta di adattamento, essenziale affinché non si verifichino danni tissutali, diventa patologico quando vi è un'alterata reazione ad un insulto.

In Italia, il dolore cronico affligge il 25% degli italiani per un periodo medio di 7,7 anni. Ne sono vittime non solo i pazienti oncologici, ma coloro che soffrono di artriti, artrosi, fibromialgie, osteoporosi. Un'analisi condotta tra pazienti di 13 Paesi europei (tra i quali anche l'Italia) affetti da dolore non oncologico seguiti da un gruppo di ricerca per un anno, evidenzia come il 95% dei pazienti coinvolti nell'indagine avesse, dopo 3 mesi di osservazione, un dolore ancora d'intensità a partire da moderata; di questi, il 47% attribuiva al dolore un'intensità severa con una durata superiore ai 2 anni. I pazienti coinvolti nello studio hanno inoltre dichiarato che il dolore da loro provato si ripercuoteva in maniera negativa sulla loro capacità di condurre una vita normale: nel 68% il dolore influiva sulla attività lavorativa, nel 46% alterava i rapporti familiari e sociali.

Quando il dolore persiste senza un danno o una patologia attiva, diventa esso stesso una malattia. In una situazione ideale di benessere fisico, quando le funzioni fisiologiche sono equilibrate, ci dimentichiamo del nostro corpo, che scivola sullo sfondo, se non sfuma del tutto. Fatichiamo a immaginare il dolore, di esso abbiamo una percezione molto sommaria. Lo stato di benessere ci appare come una conquista destinata ad accompagnarci per tutta la vita.

Il nostro equilibrio non lo avvertiamo come instabile, pronto a infrangersi. È sufficiente un malessere, un disagio e le nostre incertezze sfumano, non sono più immortali. Improvvisamente siamo costretti a considerare la nostra fragilità che viene frustrata dal vento di tramontana alimentato da un dolore acuto o cronico od oncologico. A livello psicologico lo strappo al corso normale degli eventi si manifesta come una lacerazione profonda.

A volte solo la paura del dolore provoca emozioni, alterazioni d'umore, rischio di depressione, aggressività, senso di impotenza, isolamento. La sofferenza determina una perdita di ruolo all'interno del nucleo familiare, sul lavoro e nella rete sociale. Da alcuni anni si cerca di realizzare un ospedale senza dolore e lo stesso malato terminale potrà sempre più vivere giornate prive di sofferenza. Nei giorni scorsi, al 31° Congresso nazionale della Società italiana di medicina generale e delle Cure primarie (Simg), si è discusso della costituzione di un osservatorio sul dolore acuto con l'obiettivo di comprendere meglio la richiesta di aiuto delle persone con dolore.

«L'osservatorio, spiega Walter Ricciardi, direttore del Dipartimento di Sanità pubblica del Policlinico Gemelli e dell'Osservatorio nazionale per la Salute nelle Regioni italiane, ha come obiettivo la diffusione delle conoscenze sul problema dolore,

per favorire la crescita culturale e la sensibilità dei professionisti della salute e per avvicinare le risposte integrate territorio-ospedale ai bisogni dei pazienti». La lotta al dolore non è ancora un obiettivo comune.

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