Una ventina di bambini in terapia portava nelle casse della onlus Hansel e Gretel 150mila euro. Un guadagno sopra la media, se si considera che i costi delle singole visite con i terapeuti dell'associazione superavano, di gran lunga, il "prezzo di mercato" per la stessa terapia, pari a 60/70 euro l'ora. Numeri che confermerebbero, ancora una volta, che il presunto “business dei bambini” di basava su un’ideologia, ma non escludeva gli interessi economici.
A scovare l’ennessimo documento che inchioderebbe la onlus torinese fondata dal terapeuta Claudio Foti, finito nel registro degli indagati per l’inchiesta "Angeli e Demoni", è un giornalista del Tg3 Emilia Romagna, venuto in possesso di una mail recapitata nell’aprile del 2018 a Foti da parte di Cinzia Salemi, segretaria dello stesso centro.
Nel documento emergono diverse strategie di gestione del denaro “fai da te”. La Salemi elencava a Foti alcuni metodi per la buona gestione dei fondi derivanti dal sistema degli affidi. Al primo posto, un planning che prevedeva, per 18 bambini in terapia, quattro incontri mensili di un’ora ciascuno tutti fissati al costo di 135 euro l’ora. Esattamente come quelli organizzati al centro La Cura di Bibbiano. Soldi ai quali vanno aggiunti i guadagni derivanti dal lavoro di supervisione e dai vari corsi di formazione di cui si occupava il centro di Foti, oltre alle terapie per altri 4 bambini. Ed ecco che si arriva ad un totale di 144mila euro l’anno.
Una cifra non proprio irrisoria, ma che, secondo la Salemi, poteva ancora essere gonfiata. Nel documento emergerebbe, infatti, un secondo suggerimento: aumentare il costo degli incontri da 135 a 180 euro l’ora. Soldi che, in parte, sarebbero andati al terapeuta che si occupava del minore (60 euro), e in parte sarebbero invece finiti nelle tasche della Sie. La società fondata da Foti. Con questo metodo, scrive la segretaria, “Sie avrebbe un margine di profitto di 3980 euro al mese”. Ma c’è ancora una terza alternativa: 160 euro l’ora. Una via di mezzo che avrebbe portato ad un incasso annuo di 166.400 euro.
E se i numeri già di per sè sciolgono qualche altro nodo dell’orribile groviglio che descrive il sistema di affidi illecito nel reggiano, dalla mail emergerebbero anche altri indizi. Sembra difficile che Foti, destinatario dei calcoli matematici della Salemi, potesse non essere a conoscenza dei guadagni della Hansel e Gretel. Tesi sostenuta, invece, dal legale del terapeuta.
Ma quale ruolo aveva Cinzia Salemi nell’azienda di Foti? Come spiega il tribunale del Riesame, era colei che teneva i legami con i servizi sociali di Bibbiano. Gli stessi che - come descritto nell'ordinanza della Procura - avrebbero passato i soldi, pubblici, alle associazioni e alle famiglie affidatarie a cui venivano dati i bambini tolti alle proprie famiglie per pagare le terapie dei piccoli presso La Cura.
Ma torniamo alle carte. Nella mail la Salemi farebbe cenno ad un contributo da versare all’associazione Rompere il silenzio che, suggerisce la segretaria di Foti, sarebbe potuto arrivare tramite la cooperativa Si può fare. Oppure nel caso fossero aumentati i costi delle sedute, anche direttamente dalla Sie.
Ed ecco che rispuntano sempre gli stessi nomi. Tra cui Romina Sani Brandelli. Ora indagata, la signora Sani è una ex allieva di Foti, oltre che dirigente della casa famiglia Madamadorè di Mirandola dove, la terapeuta, ospitava la ragazza che poi mandò in cura presso lo studio privato di Nadia Bolognini, nonostante questa fosse già agli arresti domiciliari, dando persino il benestare alla richiesta di aumento del costo delle sedute che, in quell'occasione, passarono da 135 euro l'ora a 180. Caso che poi, ha portato ad allargare il diametro delle indagini sull’inchiesta della Procura di Reggio Emilia. Ma questo, già era noto. Ciò che invece tocca sottolineare, è che la Sani era anche responsabile di “Si può fare”. E non è ancora tutto. Ecco che l’amica di Foti compare anche nel direttivo dell’associazione “Rompere il silenzio” assieme a Francesco Monopoli, assistente sociale dell’Unione Val D’enza e fidato collaboratore di Federica Anghinolfi.
Dunque, se le ipotesi venissero confermate in aula di tribunale, i soldi delle terapie che non finivano nella società di Foti, andavano a ingrassare il portafogli dell’associazione di cui Foti faceva parte, assieme a dirigenti delle case famiglia, ex allievi e assistenti sociali.
In effetti i conti della Salemi, viste le circostanze, sembrano meno utopici: dopotutto ad essere d’acccordo sul costo delle terapie, oltre a Foti, dovevano essere proprio coloro che facevano parte della stessa associazione del terapeuta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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