Matteo Salvini lo sa: le elezioni comunali di Bologna saranno più di un semplice banco di prova per il nuovo corso della Lega. Da un punto di vista politico il capoluogo emiliano sarà il nuovo spartiacque leghista. Ma è un rischiarato: o si vince, o si muore.
Partiamo dal principio. Nessuno si è speso quanto Matteo Salvini nel fare il giro delle città italiane per sostenere i candidati leghisti. Felpe, piazze piene, infinite dirette video e la speranza di portare a casa una percentuale di voti tale da renderlo il primo partito di centrodestra. Ma in nessuna città è andato tante volte quanto sotto le due Torri. Nemmeno Roma e Milano sono state così attrattive. E c’è un motivo.
A Milano, se Parisi vincerà, sarà la vittoria del centrodestra. Se a primeggiare dovesse essere Sala, allora il leghista potrà dire che il candidato “scelto” da Forza Italia e appoggiato da Ncd non ha funzionato. In ogni caso ne esce abbastanza bene. A Roma la maggior parte delle responsabilità di un’eventuale sconfitta ricadranno su Giorgia Meloni. È stato Salvini a spingerla ad accettare. Ma lei ha detto “sì” e se ne assumerà meriti e dolori.
A Bologna è diverso. I sondaggi dicono che la Lega può fare bene. E Salvini ha investito su questa città. La Borgonzoni potrebbe essere il primo sindaco veramente salviniano. Lei è brava, ma la campagna elettorale “di peso” l’ha fatta il segretario del Carroccio. Tutta incentrata alla ricerca dello scontro: visite ai campi rom, faccia a faccia con i centri sociali, blitz nelle palazzina occupata da immigrati e antagonisti, passeggiate in Bolognina e via dicendo. Anche l’idea (pazzarella) di fare un comizio in Piazza Verdi rientra in questo disegno: attirare qui i media, ritagliarsi (legittimamente) lo spazio dell’uomo venuto per “pulire” le sporcizie cittadine. Ovvero immigrati, degrado, centri sociali e rom. Che sono anche temi di interesse nazionale.
Se però la Borgonzoni dovesse perdere, allora saranno dolori. Carrocci amari. Salvini accuserebbe il colpo. Intendiamoci: non che la candidata leghista debba per forza diventare sindaco. Uno scarto del 4-5% (con il candidato del Pd costretto ad andare al ballottaggio) sarebbe già positivo (vincere sarebbe un terremoto). Poi al secondo turno quel che sarà sarà. A Salvini non è questo che importa. Qui conta l’apparenza più che la sostanza. Ovvero dimostrare che Alberto da Giussano è armato fino ai denti e che i temi affrontati a Bologna sono quelli che interessano ai cittadini italiani.
Se non siete d’accordo, volgete lo sguardo all’altro Matteo. Il segretario del Carroccio non è l’unico a guardare alle due Torri con attenzione. Renzi ha deciso di essere alla Festa dell’Unità di Bologna domani.
È noto che Merola e il premier non si amino. Anzi. Si detestano. Ma un sindaco leghista a Palazzo D’Accursio sarebbe un affronto. Guazzaloca passi pure, ormai è acqua passata. La Borgonzoni no. Darebbe troppa visibilità a Salvini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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