L'assoluzione di Calogero Mannino nel processo Stato Mafia affossa in gran parte il teorema di una trattativa tra Stato e Mafia. I castelli accusativi dei pm si sgonfiano dietro l'evidenza dei fatti. Il processo a carico dell'ex ministro Dc è durato fin troppo. Sono passati due anni dall'inizio del processo (4 dicembre 2013) e quasi tre dal momento (4 marzo 2013) in cui i legali di Mannino - gli avvocati Grazia Volo, Nino Caleca, Carlo Federico Grosso e Marcello Montalbano - chiesero il giudizio abbreviato. Già allora il giudice per l'udienza preliminare Piergiorgio Morosini avrebbe potuto decidere le sorti processuali di Mannino. Ma niente da fare. Morosini chiese di astenersi perché aveva già fatto dell'attività istruttoria per rinviare a giudizio gli altri imputati.
Il fascicolo venne affidato così a Marina Petruzzella che era stata designata Gup supplente qualora si fosse verificato un qualsiasi impedimento di Morosini. Il processo davanti al nuovo giudice iniziò il 4 dicembre 2013. E anche allora la sentenza sarebbe potuta arrivare subito data la richiesta del rito abbreviato da parte dei legali di Mannino. L'abbreviato è un giudizio che si celebra “allo stato degli atti” ovvero sulla base di quelli che sono i risultati delle indagini preliminari della polizia e che sono confluiti nel fascicolo del pubblico ministero. L'imputato in caso di condanna ha diritto allo sconto di un terzo della pena. In teoria il giudice avrebbe potuto invitare subito le parti a concludere. Ed invece un latro rinnvio, come ricoda LiveSicilia. Così si arriva alla richiesta di condanna a nove anni dei pm Teresi, Tartaglia, Di Matteo e Del Bene arrivò l'11 gennaio 2014. Poi le arringhe difensive. E si giunge al 30 settembre scorso, quando sembrava davvero la volta buona.
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