Non ha potuto provare dei vestiti perché la sua sedia a rotelle non entrava nel camerino di un negozio del bolognese. Una ragazza ha rinunciato all’acquisto scrivendo alcune mail alla catena di abbigliamento che gestisce il negozio. Non ricevendo una risposta esauriente, la giovane si è quindi rivolta a un’associazione che tutela i diritti delle persone con disabilità ed è riuscita ad ottenere un risarcimento di 1.000 euro.
Come riporta Bologna Today, la ragazza racconta che in questo caso sarebbe bastato togliere il pannello divisorio tra i due camerini per crearne uno più grande. La prima mail inviata dalla giovane non ha avuto risposta e così nella seconda ha minacciato di rivolgersi a un avvocato in assenza di riscontri. L’azienda ha risposto che avrebbe risolto l’inconveniente ma con tempi tecnici imprecisati e così la ragazza ha attivato la tutela legale di Sidima.
Un avvocato dell'associazione, specializzato in diritto antidiscriminatorio, ha inviato alla controparte una raccomandata, chiedendo di risolvere il problema e di risarcire il danno subito. Visto che la catena di negozi non aveva dato riscontri positivi, il legale ha depositato in Tribunale un ricorso per discriminazione, come previsto dalla legge 67/2006. Secondo quest’ultima, infatti, ogni caso in cui una persona disabile si trova in una situazione di svantaggio può essere definito “discriminazione indiretta”, quindi anche un camerino con una porta troppo stretta.
L’avvocato ha spiegato che poco prima dell’udienza la controparte ha chiesto di trovare un accordo che gli consentisse di non andare davanti al giudice.
E così la vicenda è stata risolta con un risarcimento economico di mille euro, il pagamento delle spese legali e la modifica del camerino entro un termine stabilito. Il negozio ha rispettato la scadenza e ora il locale è più accessibile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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