Cancellato l'abuso d'ufficio. Finalmente

Se l'abolizione del reato di abuso d'ufficio era un rigore da tirare a porta vuota, la notizia è che qualcuno finalmente lo sta tirando

Cancellato l'abuso d'ufficio. Finalmente
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Se l'abolizione del reato di abuso d'ufficio era un rigore da tirare a porta vuota, la notizia è che qualcuno finalmente lo sta tirando.

Il primo voto in Commissione giustizia è arrivato ieri e resta la curiosità umana e professionale di chiedersi come Pd e 5 Stelle abbiano potuto votare contro, visto che il reato è giudicato mediamente patologico dalla pressoché totalità dei sindaci e amministratori italiani: anche di sinistra, ma più discretamente. È, in parole povere, un reato inutile, che serve solo a tenere in scacco un neo indagato: nel 2021 ci sono state 5418 indagini per abuso d'ufficio con solo 27 lievi condanne (è finito in nulla perciò l'85 per cento delle indagini, 95 per cento secondo altre fonti) e quasi tutti i coinvolti sono stati assolti in primo grado o archiviati o prosciolti in udienza preliminare.

In passato si è tentato di circoscrivere i limiti del reato (1990, 1997, 2020) o addirittura di inasprirlo (2012, Legge Severino) ma nulla ha fermato continue e infruttuose iscrizioni nel registro degli indagati, o avvisi di garanzia che inibivano la firma di sindaci e amministratori su ogni provvedimento, con danni procedurali e mediatici facilmente immaginabili. Da qui la convinzione che fosse (sia) un reato irriformabile e quindi da abolire in toto, e con esso lo strascico di spese, perquisizioni, sequestri e titoli sui giornali distruttivi per il malcapitato. Erano (sono) sufficienti quattro righe scritte in Procura per risultare compromessi e perciò meritevoli di automatiche richieste di dimissioni: e questo in tempi pacificati pur con vittime illustri (come Stefano Bonaccini, Nicola Zingaretti, Attilio Fontana, Giuseppe Sala) mentre negli anni del furore giustizialista l'ipotesi di abuso d'ufficio era sufficiente per sbattere in carcere l'intera giunta regionale dell'Abruzzo, o il sindaco pidiessino di Genova Claudio Burlando, o il deputato dell'Assemblea siciliana Angelo La Russa.

Questo reato fantasmatico è poi divenuto il più classico spauracchio penale capace di paralizzare il braccio di sindaci e assessori (nessuno voleva più firmare niente) anche perché era in grado, la nostra

giustizia, di rendere lento anche lo scoppio di autentiche bolle di sapone, peraltro costose, per niente divertenti, comunque incompatibili con l'efficienza e la velocità di cui il nostro sistema penale dovrebbe dotarsi.

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