Non è il primo cardinale africano ad andare controcorrente, almeno rispetto alla narrativa più in voga nella Chiesa cattolica, in relazione ai migranti e a cosa andrebbe fatto in materia di gestione dei fenomeni migratori, ma quanto ribadito in questi giorni da John Onaiyekan merita di essere sottolineato. Il porporato e monsignore lo aveva già dichiarato nel 2016, rivolgendosi ai governanti delle nazioni africane: "Non fate abbastanza per trattenere i giovani nel Paese".
Adesso, in occasione della plenaria dei vescovi nigeriani, è tornato sull'argomento. In Africa gli ecclesiastici nutrono una forte preoccuazione. Questa "crisi migratoria" sembra assumere le fattezze di un esodo in grado di privare l'interno continente della sua forza lavoro, dunque di qualsiasi prospettiva futuribile. Il cardinal Robert Sarah, nel suo ultimo libro e nelle interviste rilasciate dopo la pubblicazione dello stesso, non lo ha nascosto.
Ma il cardinale Onaiyekan si è spinto oltre: pensa che quei presidenti che non riescono a far sì che i cittadini abbiano un futuro nelle loro nazioni di origine dovrebbero, senza rifletterci troppo, fare un passo indietro e dimettersi dalla carica che ricoprono. Quanto abbiamo appena registrato è appurabile su Mondo e Missione: "Se fossi il presidente di una nazione dove i cittadini vedono un futuro solo nell’emigrazione - ha detto l'alto ecclesiastico - non esiterei a dimettermi". Perché la Nigeria - ha aggiunto - deve essere la casa dei nigeriani. Il cardinale Peter Turkson, quasi un anno fa, si era augurato che arrivassero interventi per i paesi di provenienza. Il cardinale Robert Sarah - lo abbiamo già accennato - si è schierato contro le migrazioni di massa.
Se una parte di Chiesa cattolica, insomma, caldeggia l'accoglienza erga omnes, a tutti i costi e sempre e comunque, c'è chi, pur essendo consacrato, sembra avere un'altra visione.
C'è spazio anche per il Belpaese nella riflessione di Onaiyekan, nello specifico per quei collegamenti persistenti tra un certo modo di gestire i flussi migratori e la prostituzione: "Quando giro per le strade di Roma, Milano o Napoli e vedo le figlie di questo Paese in vendita sulle strade - ha proseguito - mi vergogno. Mi fermo e provo anche a salutarle, ma non riusciamo nemmeno a comunicare perché molte sono state portate via dal villaggio senza nemmeno conoscere un’altra lingua. Tutto quello che sanno l’hanno imparato sulla strada in Italia.
E di questo non posso che vergognarmi per il mio Paese".Parole che risultano difficili da commentare. Resta un dato: gli ecclesiastici africani sembrano più consapevoli dei rischi di un'immigrazione senza freni rispetto a tanti altri.
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