Conte è al "buio". E Franceschini prende il volante

Consiglio dei ministri non conosce coprifuoco. Ci si vede di sabato, quando il sole è tramontato, come al solito dopo cena, replicando lo schema dei giorni cupi di primavera.

Conte è al "buio". E Franceschini prende il volante

Il Consiglio dei ministri non conosce coprifuoco. Ci si vede di sabato, quando il sole è tramontato, come al solito dopo cena, replicando lo schema dei giorni cupi di primavera. Non si sa perché il governo ama queste riunioni al buio, come se avesse timore di mettere in chiaro le proprie scelte o per creare l'attesa o, magari, per spiazzare i giornali. Fatto sta che anche questa volta si tira tardi.

Rispetto ai mesi di quarantena qualcosa negli equilibri del governo è cambiato. Nulla di formale, ma qualcosa di più profondo, di pesi e contrappesi, di ruoli e protagonisti. La crisi dei Cinque stelle, per esempio, sembra ormai senza ritorno. Non c'è neppure più il tentativo di nascondere le guerre tra bande e il disorientamento di un movimento politico che non si riconosce. L'impressione è che i ministri grillini stiano al governo senza avere più nulla alle spalle, per titolo personale. Non senti la forza delle idee. Non sai se c'è una linea, un'idea, un sentimento. L'unica voce che lascia una traccia vaporosa è quella del ministro Spadafora che ingaggia un duello rusticano con Cristiano Ronaldo. Come a rivendicare il vecchio «uno vale uno».

Neppure Giuseppe Conte sembra più lo stesso. Il premier che si sentiva protagonista nell'ora più buia si è quasi eclissato, come se solo adesso cominciasse a sentire il peso della responsabilità. Finora è andato avanti galleggiando, spostando i problemi e le preoccupazioni ogni giorno più in là. Adesso il futuro sta diventando presente e troppi nodi sono ancora lì, irrisolti e senza una visione, un progetto, per scioglierli. Non sente neppure più la fiducia di una volta. Non è solo questione di sondaggi. È la percezione che il clima dopo l'estate è cambiato. Non è più lui l'architrave di questo governo.

Allora bisogna chiedersi chi, in questo momento, ha le chiavi della maggioranza. Tutti hanno notato che dopo le elezioni regionali il Pd, che non ha certo brillato, grazie alla vittoria in Toscana ha ritrovato coraggio, fino a prendersi il centro della scena. Il personaggio forte del Pd ha un nome e un cognome. Non è Nicola Zingaretti, ma Dario Franceschini. Il ministro dei Beni culturali e del turismo si sta muovendo come un «premier ombra». È lui che detta i tempi, che muove il partito e si propone come punto di riferimento. È quello a cui Renzi presenta la lista di richieste e lamentele. È lui che si consulta con Speranza, il ministro della Sanità.

Franceschini venerdì ha suonato la campana. Ha convocato un vertice di maggioranza e richiesto il Consiglio dei ministri. «Non c'è tempo da perdere». L'impressione è che non si faccia poi tanti problemi a scavalcare Conte. Tutto questo è coerente con il personaggio. Il buon Dario ama manovrare dietro le quinte e si mette in luce solo quando i tempi sono maturi. Se può lascia la poltrona principale a personaggi senza forte identità, attento però a tenere nelle sue mani il potere. È ciò che gli è rimasto nel sangue della vecchia scuola democristiana. Detto questo non ha alcuna intenzione di disarcionare il premier. Conte sta benissimo dove sta, a prendersi il vento in faccia. L'obiettivo è durare, senza scossoni, senza rimpasti. Sopravvivere. Il Pd, con alleati così deboli, e magari nascondendo la faccia, si trova in una situazione ideale. C'è sempre la possibilità di scaricare eventuali colpe su altri. I grillini come capri espiatori di questi tempi non li batte nessuno.

Il Consiglio dei ministri cercherà di affrontare i due temi centrali di questa stagione politica. Come fermare il contagio e la manovra da cui dipende il destino economico di questo Paese.

Non ci sono ricette magiche. Tanto tempo è stato perso. Purtroppo questo governo non ha paura di consumare il tempo. Tutti aspettano le lontane elezioni del presidente della Repubblica. Le aspetta soprattutto Franceschini.

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