Corte di Strasburgo: "Controllo email dipendenti viola il diritto a vita privata"

La Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo ha ribaltato una precedente sentenza

Corte di Strasburgo: "Controllo email dipendenti viola il diritto a vita privata"

Il controllo delle email dei dipendenti viola il diritto al rispetto della vita privata. La Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo ribaltando una precedente sentenza si è espressa sul caso riguardante il licenziamento per motivi disciplinari di un dipendente, Bogdan Mihai Barbulescu, accusato dall'azienda romena per la quale lavorava di aver utilizzato sul posto di lavoro internet, telefono e fotocopiatrice per fini personali.

Con la sentenza odierna, votata con maggioranza di 11 a 6, la Corte Europea afferma che è stato violato l'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ovvero il diritto al rispetto della vita privata e familiare, del domicilio e della corrispondenza. La Corte conclude che le autorità nazionali che si erano espresse sul caso "non hanno protetto in maniera corretta il diritto di Barbulescu" e non hanno gestito "in modo equilibrato gli interessi in gioco". In particolare, i tribunali nazionali non hanno da un lato verificato se il dipendente fosse stato avvertito in anticipo della possibilità che le proprie comunicazioni potessero essere sorvegliate e, dall'altro, non hanno tenuto conto che Barbulescu non era stato informato della natura e della durata di questa sorveglianza e del grado di intrusione nella sua vita privata. Il caso risale al 2007: l'1 agosto di quell'anno l'ingegnere, allora 27enne, veniva licenziato dall'azienda per la quale era impiegato dal 2004 per aver infranto il codice interno che vietava l'utilizzo di strumenti di lavoro a fini personali.

Il licenziamento era stato impugnato da Barbulescu ma, a dicembre 2007, il tribunale di Bucarest aveva respinto il suo ricorso, con sentenza definitiva della Corte d'Appello del 17 giugno 2008. A dicembre 2008 l'uomo si rivolgeva alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo a Strasburgo, appellandosi all'articolo 8 della Convenzione.

Anche in questo caso il suo ricorso veniva respinto con sentenza del 12 gennaio 2016. Oggi, dopo 15 mesi da quella decisione, la Grande Camera della Corte Europea di Strasburgo ha invece ribaltato la sentenza, sancendo la violazione dell'articolo 8.

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