Così i black bloc si preparano alla guerriglia

Così si sono cambiati tra i fumogeni: hanno indossato "l'uniforme" e hanno devastato Milano

Così i black bloc si preparano alla guerriglia

L’organizzazione alla lotta per i “black bloc” è come un rito. Quando in piazza XXIV Maggio mancano pochi minuti all'inizio del corteo contro Expo, tra i militanti NoTav cominciano a formarsi dei gruppi di quattro o cinque persone. Sono squadre della violenza militarmente organizzate, tra bandiere anti-capitaliste e iPhone di ultima generazione. Ogni gruppetto ha tutto l'occorrente.

Oggetti per distruggere le vetrine e abiti per mimetizzarsi. Bastoni e martelli sono nascosti negli zaini. Vicino a me, una decina di antagonisti arrivati dalla Francia si dividono i compiti: due reggono gli ombrelli per coprire eventuali telecamere, gli altri si preparano alla battaglia. Un rituale portato a termine nei minimi dettagli. Accucciati a terra, indossano prima il k-way nero, poi i pantaloni scuri a coprire gli abiti di tutti i giorni. E ancora i guanti da muratore e gli occhiali da sole. È come se stessero indossando un'uniforme, una divisa da guerra dalle scarpe fino al passamontagna. Gli antagonisti non lasciano nulla al caso: le calzature vengono irrobustite da nastro adesivo di quello utilizzato dagli elettricisti, si fasciano anche i lacci per evitare che nella battaglia possano dare fastidio.

Molti dei caschi sono nascosti in buste di plastica, pronti ad essere indossati al momento opportuno. Ogni elmetto ha il suo segno distintivo a testimonianza di passate manganellate subite, un trofeo che in molti esibiscono con orgoglio ai compagni di lotta. Un antagonista tedesco fa vedere a chi gli sta intorno i fori alla sua giacca impermeabile, malamente riparata con nastro adesivo. Ne va fiero come se quelle vesti stracciate conservassero il motivo di una medaglia al valore della guerriglia. Poco prima che il corteo cominci la sua marcia, un organizzatore a volto scoperto distribuisce la mappa della città e le indicazioni di lotta su come evitare arresti e difendersi dai manganelli. “Non prendere i lacrimogeni con le mani se non hai i guanti adatti” – recita il documento - “se arrestano qualcuno vicino a te, puoi aiutarlo chiamando il legal team pronto ad intervenire alle frontiere”. Alcuni militanti lo leggono con attenzione, altri lo ignorano perché non aggiungerebbe nulla alla loro consolidata esperienza. Tra questi anche un uomo di circa cinquant’anni che vedo coprirsi il volto con un passamontagna nero.

Gli scontri erano voluti e ben pianificati. I NoExpo, infatti, sono stati attenti ai particolari per quelle che avevano già rinominato “le cinque giornate di Milano”. L'arsenale fatto di martelli, molotov, fumogeni e petardi viene nascosto in marsupi sotto gli impermeabili neri. Anche gli accendini per dar fuoco alla miccia delle bombe artigianali sono meticolosamente resi più potenti utilizzando una moneta: durante gli scontri gli antagonisti vogliono essere sicuri di poter fare tutto con la massima velocità. In fondo è il loro modo di agire: camminano compatti nel mezzo del corteo e con brevi blitz distruggono vetrine, imbrattano muri e lanciano razzi contro la polizia. Non vogliono essere ripresi né fotografati mentre compiono le loro scorribande. Molti di loro hanno il compito di oscurare gli obiettivi. Più di una volta mi intimano di abbassare la telecamera: «è pericoloso per te», mi avvertono la prima volta. Quelle successive passeranno alle maniere forti.

Il corteo contro Expo si è separato in due dopo qualche centinaia di metri dall'inizio della sfilata. In testa alla marea nera ci sono i "black bloc" italiani, subito dopo gli antagonisti francesi e poi sparsi nella massa si nascondono tedeschi e spagnoli. E forse anche dell'altro. Nei giorni scorsi, infatti, era stato diffuso un volantino in internet con i nomi e i numeri di telefono dei militanti italiani al confine pronti ad accogliere i violenti di mezza Europa. I punti di ritrovo erano a Ventimiglia, sul Frejus, a Chiasso, sul Brennero e a Gorizia.

Dall'Europa verso Milano, carichi di tutto ciò che è in grado di mettere a ferro e fuoco la città ospitante dell'Expo. Tutto ben nascosto fino al momento in cui gli antagonisti, in mezzo alla strada e coperti dai fumogeni, hanno modo di completare la vestizione con le maschere antigas. Poi possono iniziare a devastare ogni cosa che profuma vagamente di "capitalismo", conservando ben nascosti in tasca quegli iPhone che a inizio corteo scattavano foto e facevano video.

Hanno tenuto in scacco una città intera per qualche ora, fino all'atto finale di un rituale ben

studiato e provato più volte: nuovamente nascosti dai fumogeni gettano via le scarpe, gli impermeabili, i guanti e i cappelli. I "Black bloc" abbandonano tutto in strada per tornare a nascondersi tra la folla. Vigliaccamente.

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