La mossa del Papa sui vaccini: cosa cambia ora nella Chiesa

Il Papa, attaccando il mondo no vax, fa un passo avanti verso la scienza. Bergoglio conferma la linea dell'apertura

La mossa del Papa sui vaccini: cosa cambia ora nella Chiesa

La vaccinazione è la principale arma contro la pandemia che ha sconvolto il mondo: la scienza lo ribadisce dal principio di questa storia. Anche Papa Francesco ha richiamato tutti alla necessità di non negare le evidenze scientifiche sul vaccino. Era scontato, si potrebbe dire. La realtà è diversa. La Chiesa cattolica, infatti, non si è sempre schierata dalla parte della scienza e, per quanto fede e ragione abbiano spesso camminato su strade parallele, quella di Jorge Bergoglio sul vaccino è una svolta. Se non altro perché il Papa ha attaccato senza mezze misure il negazionismo, entrando nello specifico della questione. E questa rappresenta una delle tante novità apportate da questo pontificato, in specie durante l'evoluzione del quadro pandemico, che ha modificato i piani di Jorge Mario Bergoglio: il Santo Padre ha sospeso le visite apostoliche. Tra le mura leonine si augurano che il programmato viaggio in Iraq possa svolgersi durante i primi giorni di marzo.

Il pontefice argentino ha deciso d'intervenire sull'argomento "vaccino" attraverso l'intervista concessa a Fabio Marchese Ragona. Un confronto a 360 gradi che è andato in onda su Canale 5. Poco dopo, l'ex arcivescovo di Buenos Aires si è vaccinato. Anche il papa emerito Joseph Ratzinger è stato sottoposto alla vaccinazione anti-Covid19. Tanto il regnante quanto l'ex pontefice hanno scelto di non mediatizzare il momento: le telecamere non li hanno ripresi. Il Vaticano, nel contempo, ha attivato il "piano vaccini" come tutti gli altri Stati europei. Così come in Santa Sede, nel momento in cui è stato disposto il lockdown nazionale, si sono allineati alle disposizioni del governo italiano. Se lo stupore per queste procedure può non essere giustificato, lo stesso non si può dire per la fermezza con cui Francesco ha stroncato il negazionismo: "C'è un negazionismo suicida - ha affermato il Papa sudamericano durante l'intervista - che non saprei spiegare, il vaccino si deve prendere". E ancora: "Io credo che eticamente tutti debbano prendere il vaccino, è un'opzione etica, perché tu ti giochi la salute, la vita, ma ti giochi anche la vita di altri". Sono le argomentazioni della scienza. Quelle che il Papa ha fatto sue.

Le recenti aperture sui vaccini creati attraverso cellule di feti abortiti

Nella vulgata comune, religione e scienza collidono: i progressisti lo ripetono spesso dai tempi dell'avvento dell'illuminismo. Negli ambienti ecclesiastici, poi, non tutti sul vaccino la pensano alla stessa maniera: si pensi al caso segnalato dall'Osservatorio Van Tuhan secondo cui cinque vescovi sarebbero contrari all'utilizzo di vaccini creati attraverso l'utilizzo di cellule derivanti da feti abortiti. Anche alcuni fedeli sostengono quella impostazione dottrinale, mentre la Congregazione per la Dottrina della Fede, che è presieduta dal cardinale e gesuita Luis Francisco Ladaria Ferrer, si è espressa in maniera ufficiale, con dichiarazioni che hanno fatto notizia: "Quando non sono disponibili vaccini contro il Covid-19 eticamente ineccepibili (ad esempio in Paesi dove non vengono messi a disposizione dei medici e dei pazienti vaccini senza problemi etici, o in cui la loro distribuzione è più difficile a causa di particolari condizioni di conservazione e trasporto, o quando si distribuiscono vari tipi di vaccino nello stesso Paese ma, da parte delle autorità sanitarie, non si permette ai cittadini la scelta del vaccino da farsi inoculare) - hanno annotato dall'ex Sant'Uffizio - è moralmente accettabile utilizzare i vaccini anti-Covid-19 che hanno usato linee cellulari provenienti da feti abortiti nel loro processo di ricerca e produzione". La questione è tanto delicata quanto complessa. E le affermazioni di Ladaria sono tuttora sottoposte a critiche.

A ben vedere, il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede è coerente con quanto espresso dalla dottrina nel corso degli ultimi anni. Nel 2017, ad esempio, la Pontifica accademia per la vita, che è presieduta da monsignor Vincenzo Paglia, ha diramato una nota in cui tuttora si legge che "per quanto riguarda la questione di vaccini che nella loro preparazione potrebbero impiegare o avere impiegato cellule provenienti da feti abortiti volontariamente, va specificato che il 'male' in senso morale sta nelle azioni, non nelle cose o nella materia in quanto tali". Sembra una considerazione più aperturista rispetto a quella resa pubblica, in relazione ai vaccini anti-Covid19, dall'ex Sant'Uffizio. Può essere notata la continuità teologico-morale delle due dichiarazioni.

Il problema della "eticità"

Jorge Mario Bergoglio è contrario all'aborto. Nel corso di questi quasi otto anni di pontificato, papa Francesco non si è distinto per una rivisitazione complessiva della negoziabilità dei valori cristiano-cattolici. Nello specifico, il pontefice argentino ha spesso associato le pratiche abortive all'utilizzo di "sicari". Rispetto ai toni pacati preferiti da Joseph Ratzinger, Bergoglio ha optato per la consueta condanna complessiva, con frasi apparse persino più dure. Come spiegare, allora, l'apertura sulla somministrazione di questa tipologia di vaccini? E cosa rispondere a quei cinque vescovi che hanno argomentato anche così la loro ferma contrarietà: "Ora più che mai, i cattolici - hanno messo nero su bianco i cinque presuli - non possono categoricamente incoraggiare e promuovere il peccato dell’aborto, nemmeno il minimo, accettando questi vaccini. Pertanto, come successori degli apostoli e pastori responsabili della salvezza eterna delle anime, riteniamo impossibile tacere e mantenere un atteggiamento ambiguo riguardo al nostro dovere di resistere"?

Molto di questa diatriba ruota attorno alla "eticità". Le argomentazioni sollevate dai cinque presuli sono condite da critiche mosse alle gerarchie ecclesiastiche. Il quintetto, che è composto pure dal vescovo Athanasius Schneider e dal cardinale Janis Pujats, non le ha mandate a dire: "Alcuni ecclesiastici dei nostri giorni - hanno continuato i cinque - rassicurano i fedeli affermando che ricevere un vaccino COVID-19 derivato dalle linee cellulari di un bambino abortito è moralmente lecito se non è disponibile un’alternativa. Giustificano la loro affermazione sulla base della "cooperazione materiale e remota" con il male". Le giustificazioni fornite dal Vaticano, in sintesi, sarebbero strumentali. E l'aborto non sarebbe ammissibile in ogni caso, diretto o indiretto che sia. Nessuna deroga sarebbe concepibile. Anche in questo caso è stata sollevata la problematica del "male", ma attraverso modalità che sembrerebbero opporsi alla concezione propria della Pontifica accademia per la vita.

Il ruolo della Chiesa durante la pandemia

Certo, i cinque ecclesiastici che hanno firmato quella dichiarazione contraria alla somministrazione dei vaccini derivanti da cellule di feti abortiti - si dirà - fanno parte del novero dei "tradizionalisti". Esistono però anche fedeli dubbiosi tra la base cattolica. Ancora una volta, dunque, emerge un nuovo elemento di scontro tra due visioni opposte o quasi di concepire il cattolicesimo. La direzione impressa è quella di papa Francesco, mentre le considerazioni tradizionaliste rappresentano ad oggi una minoranza all'interno del contesto ecclesiastico. E chi eventualmente scade nel negazionismo è stato già "rimproverato" dal Santo Padre. Come fa notare il professor Roberto Libera, antropologo, la faccenda non può essere semplificata: "Un conto - afferma il professore, che abbiamo sentito per approfondire il tutto - sono eventuali posizioni sulla linea dei no-vax, che possono essere condivise, almeno dal sottoscritto, solo qualora si provasse che alcuni vaccini non siano sicuri per la salute delle persone; ma, la questione che questi giorni ha suscitato reazioni in alcuni settori del cattolicesimo - appunta - è senz’altro la dichiarazione del cardinale Luis Ladaria, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede a proposito dei vaccini anti-covid 19, che usano linee cellulari provenienti da feti abortiti per la loro produzione, nel caso che non siamo disponibili vaccini contro il Covid 19 eticamente ineccepibili...".

Una volta ribadita la visione della Chiesa cattolica sulle pratiche abortive, Libera rimarca la natura e le motivazioni dell'apertura operata dal prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, e quindi in via indiretta dal pontefice argentino:"Ladaria - approfondisce il professore - ha sottolineato che l’eticità di vaccini provenienti dalla sperimentazione su feti abortiti non è da intendersi in alcun modo come un’apertura nei confronti delle tesi abortiste, ma che si giustifica soltanto nell’ambito del difficile momento sanitario che stiamo vivendo, per salvare vite umane". La situazione è straordinaria: questa è la chiave di lettura attraverso cui andrebbero interpretate le mosse del porporato gesuita e dell'Ecclesia.

Ma l'odierno atteggiamento ecclesiastico sul tema dei vaccini derivanti da cellule di feti abortiti non smentisce la visione tradizionale? Libera risponde senza tentennare: "Mi rendo conto che può sembrare un ragionamento un po’ forzato, ma credo che sia giusto riconoscere la sensibilità della Chiesa su quanto sta accadendo. Del resto non è raro ascoltare critiche verso le più alte sfere ecclesiastiche per le loro posizioni dogmatiche, in questo caso l’apertura c’è stata per un valido motivo umanitario, salvare vite". Proprio la bioetica, in buona sostanza, spiegherebbe i perché del "sì" dell'ex Sant'Uffizio. E la "sensibilità" per il quadro pandemico avrebbe fatto il resto. Libera guarda anche oltre:"Va evidenziato - dice - come la Chiesa sia stata, e ancora adesso continui ad essere, una preziosissima presenza di aiuto verso i più bisognosi, che purtroppo, dopo un anno di pandemia, crescono continuamente; la Caritas, infatti, continua incessantemente il suo lavoro di sostegno, raggiungendo prestazioni mai raggiunte precedentemente, dobbiamo riconoscere sia quanto sia unica la sua opera in questi mesi, sia quanto la stessa sia fatta con la massima sobrietà, anche questa cosa di non poco conto". L'Ecclesia, istituzione immutabile, sta combattendo la pandemia e i suoi effetti con tutti gli strumenti possibili.

Le conclusioni in vista del mondo post-pandemico

Nell'intervista concessa a Ragona, il Papa disegna anche la sua visione per il mondo post-Covid19. Un mondo dove la Chiesa cattolica potrebbe continuare a parlare di vaccini e, più in generale, di scienza, attraverso un atteggiamento rinnovato. Come spiega Libera, del resto, dei passaggi sono già stati fatti, mentre Medicina e religione procedono ormai di pari passo: " L’utilizzo dei vaccini non costituisce nessun problema, faccio presente che molte missioni in alcune aree difficili del nostro pianeta vedono medici cattolici impegnati a vaccinare quanti ne hanno bisogno...". E ancora: "...la Chiesa ha sempre sostenuto la ricerca scientifica, chiaramente nell’ambito di una compatibilità con l’approccio teologico, quindi non direi che abbia o stia cedendo alla scienza, riterrei piuttosto che nell’ambito di un cambiamento epocale della società, la Chiesa stia trovando la strada per comunicare la parola di Dio attraverso un linguaggio contemporaneo, credo che assisteremo a ulteriori novità". Sta accadendo qualcosa di "epocale", ma all'interno di una svolta che era già in corso.

Chi pensa che il Papa e la Chiesa cattolica, in funzione di una pandemia o comunque di focus che non riguardano direttamente la sfera della spiritualità, debbano limitarsi a discorrere del quadro d'insieme senza scendere nei particolari, come nel caso del vaccino, potrebbe presto trovarsi immerso in un contesto diverso. La "Chiesa in uscita" di Jorge Mario Bergoglio, del resto, vuole avvicinarsi al mondo, soprattutto alle sue "periferie".

E l'attualità, anche quella non spirituale, costituisce motivo d'interesse per tutto il globo terrestre. Il Papa, almeno questo Papa, non si arroccherà in vista del mondo post-Covid, e non circoscriverà le sue considerazioni alla teologia.

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