Così va in fiamme la "grandeur" multiculturale

"Vogliamo lavorare con Parigi, ma vigileremo sul rispetto dei diritti e delle libertà"

Così va in fiamme la "grandeur" multiculturale
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«Vogliamo lavorare con Parigi, ma vigileremo sul rispetto dei diritti e delle libertà». «Macron guida un governo scelto dagli amici arabi degli assassini di Khashoggi, ed è incapace di risolvere i problemi migratori». «Macron fa tanta demagogia sul multiculturalismo, ma la sua politica è ingiusta, inumana e inefficace».

Accuse già sentite? Sì, perché basta sostituire Parigi, Macron e i killer di Khashoggi con Roma, Meloni e Le Pen per avere i virgolettati degli attacchi che tre esponenti del governo francese hanno indirizzato alla premier italiana da quando è stata eletta. Ironico che oggi, con Parigi incendiata dalla guerriglia nelle banlieue, quelle rivolte all'Eliseo suonino molto più meritate.

Il ministro dell'Interno Gérald Darmanin (quello di «Meloni incapace») è nella bufera perché un poliziotto ha sparato e ammazzato un diciassettenne, innescando una sommossa senza fine che ha già portato a quasi 900 fermi. La premier Élisabeth Borne («vigileremo sui diritti e le libertà») ha schierato i blindati tipo Tienanmen o Budapest '56 e valuta se varare lo stato d'emergenza. Macron chiude in casa i giovani, ferma i mezzi pubblici e annulla gli eventi. Non male per chi pochi mesi fa si ergeva a giudice delle altrui faccende, permettendosi di dare patenti di democrazia e mancando di rispetto a un intero Paese, confinante e alleato.

La questione, al di là della spicciola Schadenfreude per cui la vista degli arroganti che naufragano tra i fiotti della loro supponenza è sempre un discreto spettacolo, è però più complessa. E più preoccupante. Con che faccia il governo francese si è permesso di gettare fango e croce addosso ai colleghi italiani quando in Francia da decenni si sta consumando una guerra civile e interrazziale a bassa intensità tra le città e i quartieri-ghetto? Come può un Paese che ha visto esplodere sulla sua pelle il bubbone del terrorismo islamico del Bataclan e di Nizza porsi come esempio di integrazione e gestione dei flussi? Con quale malata grandeur ipocrita punta il dito sui salvataggi della Guardia Costiera italiana fingendo di ignorare i rastrellamenti dei suoi gendarmi a Ventimiglia o le violenze nelle baraccopoli di Calais? E in sintesi: come hanno fatto Macron e i suoi ad illudersi che il dramma a infiniti livelli delle migrazioni non li riguardasse?

La Ue ha richiamato più volte Parigi per la gestione cinica dei migranti minori; l'Onu ieri ha invitato a sradicare «razzismo e discriminazione delle forze dell'ordine»; un allenatore di calcio è stato arrestato per aver chiesto di non avere giocatori di colore; oggi l'Esagono è a ferro e fuoco come l'Alabama degli anni Sessanta e fornisce un assist all'oltranzismo anti-clandestini di Morawiecki e Orbán.

Ora, stando così le cose, e senza in alcun modo difendere il governo Meloni che sui migranti ottiene dalla Ue solo promesse, viene da chiedersi: gentili vicini transalpini, siete ancora così sicuri che la vostra humanité, il vostro modello di convivenza multiculturale - quello emerso dalle atrocità del post-colonialismo in Algeria e Africa Occidentale, quello basato sul «noi in centro, voi in periferia» - sia vincente?

Se avete bisogno di aiuto fate un fischio. Di «vigilare» sono capaci perfino les italiens...

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