Dalle belle parole alle brutte cifre

Dalle belle parole  alle brutte cifre

Non solo sulle banche e sul petrolio esistono ormai, in Italia, due verità: quella dei comunicati ufficiali e quella delle carte. Ciò sta accadendo anche per le previsioni economiche e per la manovra di economia e finanza pubblica.

Il governo ha rivisto al ribasso allo 1,2% la crescita del Pil nel 2016, diminuendola di 0,4 punti rispetto alla precedente stima di +1,6%. Ma il governo, nei comunicati, dice che comunque la crescita sale di 0,4 punti su quella dello 0,8 del 2015. Siamo, dunque in fase ascendente? No, purtroppo. Infatti leggendo le carte, l'Ufficio del bilancio del Senato afferma che la previsione del governo è sul limite massimo; c'è il fondato rischio che il quadro reale sia meno buono.

Così c'è la probabilità che il rapporto del debito con il Pil, invece di calare, come previsto dal governo, aumenti ancora. Il quadro di crescita dell'1,2% come previsione è ottimistico rispetto al tasso di inflazione, stimato in +1,2%. Potrebbe essere più basso. Ciò comporta che il Pil monetario possa essere minore, notevolmente minore, del previsto.

Se abbiamo un Pil che in euro è minore del previsto, il rapporto del debito con il Pil risulta peggiore del previsto. Mi pare il conto della serva che tutti dovrebbero capire. Poiché il governo ha previsto una riduzione minima, quasi simbolica del rapporto fra debito e Pil, questo peggioramento - anche se di portata limitata - avrà l'effetto di fare salire, anziché scendere, questo rapporto.

La gestione della nostra finanza pubblica non è quella equilibrata del buon padre di famiglia, che opera con un certo margine di sicurezza, ma quella del figlio imprevidente che opera senza alcun margine. Perché sa che nonostante il rischio che alla fine del mese si trovi all'asciutto e con qualche conto in sospeso, al saldo penserà il papà. Ma qui non c'è il papà comprensivo, quello che «sgancia» lamentandosi con la frase «e io pago». C'è un'Europa burbera, col ministro tedesco delle Finanze Schäuble che non è neppure contro la finanziaria del governo. La giudica troppo lassista, anche se si realizzasse. Ed i rischi che non si realizzi ci sono.

A febbraio la produzione industriale è diminuita su gennaio. Se guardiamo la curva dal febbraio dello scorso anno all'attuale febbraio, vediamo che dopo essere salita ha avuto un avvallamento, si è rialzata e nell'ultimo mese ha piegato la testa in giù. Questo dicono le carte con i numeri e i grafici. E purtroppo smentiscono anche il governo, che dà alla nuova ondata di terrorismo la colpa del peggioramento del quadro. Ma in febbraio non si era ancora manifestata. Inoltre non è esatto che sin qui la crescita del nostro Pil sia stata sorretta dalla domanda di consumi, dovuta alle misure espansive adottate dal governo con i suoi bonus e conseguenti deficit.

Infatti essa è sostenuta solo dalla domanda di consumi durevoli, specie di automobili, che dipende soprattutto dal basso tasso di interesse che facilita le vendite a rate.

Il merito è di Draghi che rimprovera al nostro governo perché non fa le riforme. Con cui ci sarebbe più crescita.

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