Dehors e strani rincari, la ripartenza dei furbetti

Anche se una bizzosa primavera al Nord disturba pranzi, aperitivi e cenette: si mangia e si beve con il piumino o il soprabito, spesso con le braccia conserte per colpa di quei gradi di calore che il cielo plumbeo non ha ancora restituito.

Dehors e strani rincari, la ripartenza dei furbetti

L a gioia di ristoratori e baristi per la vita che torna nei tavolini all'aperto, il sorriso del cameriere che ritrova il solito cliente in un clima da rimpatriata dopo le tragiche ondate del Covid. L'Italia in giallo riscalda le speranze delle categorie che hanno resistito alla gelata economica e sanitaria. Anche se una bizzosa primavera al Nord disturba pranzi, aperitivi e cenette: si mangia e si beve con il piumino o il soprabito, spesso con le braccia conserte per colpa di quei gradi di calore che il cielo plumbeo non ha ancora restituito. È bello rientrare nel locale di sempre, dopo mesi di libertà personale mutilata. Chissà se tutto ritornerà come prima tra mascherine e distanziamenti che ci saranno richiesti ancora per molto tempo. Al momento si respira un'aria di ripresa solo parziale, quasi per non raccontare a noi stessi che al primo dato scientifico negativo si potrebbe richiudere tutto. Intanto il comune avventore può cogliere strani segnali con il ritorno delle consumazioni sul posto. Colpisce il proliferare dei dehors, la compensazione per gli operatori semiaperti. Misura giusta, ma poi in Italia tutto finisce con derive incontrollate, come centinaia di posti auto sottratti ai residenti per piazzare tavolini in posti assurdi. E poi richieste strambe di pedonalizzazione, anche in vie di scorrimento dove magari c'è una cartoleria, uno spedizioniere e un'infilata di cassonetti. Vista anche questa.

C'è di peggio. Per esempio i furbetti che hanno trasformato il rito del caffè rapido in piedi in un mini sequestro di persona con tassa aggiuntiva. Questo capita in quei bar di passaggio da 25 metri quadrati che ora si sono espansi con una ventina di tavolini all'esterno e due camerieri trafelati costretti a rincorrere tutti. Il caffè arriva freddo dopo venti minuti di girovagare e il conto viene gonfiato dalla voce «servizio al tavolo» quando questo non è più un'opzione. Nulla di scandaloso, però cominciano i piccoli soprusi nei confronti della clientela. Nessuno si impoverisce per poche decine di centesimi, ma il tabaccaio che arrotonda unilateralmente l'importo perché «lei mi paga con il telefonino» è un segnale che a lungo andare potrebbe irritare la maggioranza silenziosa.

C'è anche il gestore che dice il non detto parlando con i clienti più affezionati: «Ci sono milioni di persone che durante la pandemia hanno conservato il lavoro e non si sono ammalati. Noi abbiamo perso tutto e i nostri dipendenti sono stati ammazzati dalla cassa integrazione».

Queste sì che sono sciagure che mettono in ginocchio un Paese e dividono involontariamente gli italiani tra i «fortunati» e gli «sfortunati». I primi valgono quanto i secondi e viceversa, sarebbe assurdo fare distinzioni.

Meglio ripartire tutti insieme, esercenti e clienti dalla stessa parte. Non bullizziamo per quattro soldi chi si siede al tavolo o entra in un negozio facendogli pagare più del dovuto solo perché nei mesi scorsi «gli è andata bene».

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