Lo dicono i numeri il Jobs Act non ha funzionato

I l premier Renzi continua a propagandare le sue riforme, sostenendo che hanno fatto svoltare l'Italia, facendo salire il prodotto nazionale e l'occupazione, ma il Jobs Act, che è la sua più importante riforma economica sinora ha generato un modesto effetto benefico per l'occupazione, pagato con generosi sgravi contributivi che hanno aumentato il nostro deficit e il nostro (...)

(...) debito. Nello stesso tempo, il Jobs Act ha generato effetti perversi, facendo aumentare la disoccupazione dove c'è maggiore necessità di farla diminuire. Le cifre che l'Istat ha comunicato parlano chiaro. La disoccupazione nel gennaio-marzo del 2016 diminuisce dello 0,1% rispetto all'ultimo trimestre del 2015. Essa, però, nella fascia dei giovanissimi, fra i 15 e i 24 anni cala di 0,9 punti ma come si vedrà fra poco ciò dipende solo da un effetto statistico, l'aumento degli scoraggiati che non cercano lavoro. La disoccupazione, poi, aumenta di 0,3 punti nella fascia di età fra i 25 e i 34 anni, quella in cui i giovani dovrebbero farsi una famiglia, mettere su casa, e in cui essere disoccupati è estremamente pericoloso, perché si sta per entrare nell'età matura, senza una esperienza lavorativa. Anche gli scoraggiati, che non cercano lavoro sono aumentati, in questa fascia di età, peggiorando le cose. Nella fascia dell'età matura, fra i 35 e i 50 anni la disoccupazione nel primo trimestre rimane stabile; aumenta di 0,1 nella fascia fra i 50 e i 65 anni.

I dati sulla disoccupazione non dicono tutto, perché una parte di quelli che sono senza lavoro, come ho appena fatto notare, si scoraggiano e passano fra gli inattivi. E questo riguarda in larga misura i giovani e i giovanissimi. Così l'occupazione dei giovani fra i 15 e i 24 anni, nel primo trimestre, si è ridotta di 0,2 punti; quella dei giovani fra i 25 e i 34, di 0,4 punti; è scesa di 0,1 per le perone fra i 35 e i 50 anni. L'occupazione, invece, è salita di 0,7 fra i 50 e i 65 anni, a causa dell'allungamento delle età di pensionamento. Quando si decanta il Jobs Act perché sono aumentati i lavoratori privati e pubblici con i contratti a tempo indeterminato si dimentica che una parte notevole di ciò dipende dall'aumento automatico dovuto al prolungamento dell'età di pensione. Ma poiché la coperta è corta, sono diminuiti i posti per i giovanissimi e i giovani.

Il Jobs Act è servito spesso a mantenere i posti di lavoro che c'erano già, rinnovandoli con la nuova formula, che fruisce degli incentivi. Nel frattempo, l'aumento di età di pensionamento ha portato sul mercato del lavoro una cifra di persone maggiore e, come conseguenza, è aumentata la disoccupazione in questa fascia di età, e anche gli inattivi, privi di pensione, aggiungendo altri disperati agli «esodati». Insomma, il Jobs Act ha avuto effetti perversi, a danno dei giovani e degli anziani: ha distrutto posti di lavoro, a termine o con lavoro autonomo o semi-autonomo, portandoli al contratto fisso, ma ha generato meno occupati del precedente sistema. Quella che ho descritto è solo una parte del quadro. Infatti, occorre aggiungere che la percentuale di disoccupazione giovanile permane all'altissimo livello del 36,7%. È vero che i giovani su cui si calcola questa disoccupazione sono solo quelli che cercano un lavoro, perché non studiano. Ma ciò non significa che quelli che studiano, poi, abbiano una sorte migliore: nella fascia dei giovani sopra i 24 anni, quella in cui la disoccupazione è aumentata di 0,3 e l'occupazione è diminuita di 0,4, la disoccupazione è molto alta, il 18% contro il livello medio nazionale dello 11,4%.

Nella fascia dell'età matura la disoccupazione è il 9%, scende ancora nell'età anziana: ma solo perché qui aumenta enormemente la fascia degli inattivi, che arriva al 38,6%: non cercano lavoro, perché sanno che non lo trovano.

Il Jobs Act ha agito meno di quel che si potesse sperare e in modo perverso, perché è nato dal sogno ambizioso di sostituire un unico contratto di lavoro a tante forme contrattuali, che invece occorrono proprio quando si alza l'età pensionabile e c'è un'elevata disoccupazione giovanile, nelle tante diverse aree geografiche italiane.

Francesco Forte

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