Il direttore dell'Agenzia delle Entrate: "Tasse vuol dire amor cristiano"

Il direttore dell'Agenzia delle entrate presenta, citando pure papa Francesco, una riflessione sul legame tra le tasse e la dottrina cristiano-cattolica. Ma Ratzinger ricordava di come cristiani contrastassero gli aumenti

Il direttore dell'Agenzia delle Entrate: "Tasse vuol dire amor cristiano"

L'ultima considerazione pubblica di Ernesto Maria Ruffini riguarda il rapporto tra le tasse e la dottrina cattolica. Il direttore dell'Agenzia dell'entrate è intervenuto attraverso una lunga disamina pubblicata nella giornata odierna su Avvenire.

Tra le varie questioni sollevate, l'ex amministratore delegato di Equitalia ha citato una riflessione di papa Francesco, secondo cui il concetto di tassazione è legato in modo stretto a quello di solidarietà sociale. Ma quello è solo il più recente degli esempi. Il confine tra dovere sociale ed "amor cristiano" viene in qualche modo travalicato. E quello che la Chiesa cattolica ha spesso relegato ad un fenomeno terreno, insomma, assume valenza "misericordiosa", per usare un aggettivo caro al pontefice odierno.

Ruffini, infatti, è partito da lontano, ossia dalla vicenda evangelica di San Matteo, per poi passare all'evoluzione del concetto avutasi durante il Medioevo e così via. Il trait d'union è più o meno sempre lo stesso: il direttore dell'Agenzia delle Entrate ne fa una un tema di solidarietà, certo, ma anche di rappresentanza. Il messaggio di Gesù Cristo, inoltre, viene attualizzato mediante un passaggio che lascia un quesito aperto:"Cosa penserebbe delle tasse - annota Ernesto Maria Ruffini riferendosi al figlio di Dio - , che - se bene utilizzate dallo Stato - non sono destinate alla conquista del mondo, ma alla costruzione del bene comune, per garantire spese sanitarie, assistenza, istruzione? ". E ancora: "Userebbe ancora quelle stesse parole o si spingerebbe oltre, sottolineando che nel mondo odierno le tasse sono uno dei modi possibili per amare il nostro prossimo, per non voltargli le spalle, per mettersi nei suoi panni?", si chiede.

Del resto - questo il concetto di base che viene sostenuto - le tasse non sono più quelle riscosse da San Matteo in funzione dell'interesse esclusivo dell'Impero romano, ma qualcosa di organico che consente alla comunità tutta di potersi tenere in piedi. Da qui, la domanda su come la visione di Cristo si declinerebbe oggi. La riflessione del direttore arriva in contemporanea con lo sviluppo di una dialettica politica che sembra prevedere una riforma del fisco.

Per quanto la discussione risieda in un clima di unità nazionale, le forze politiche stanno discutendo eccome sul da farsi. Non tutti gli attori politici - com'è noto - hanno lo stesso rapporto con le politiche che introducono nuove tasse. Il Partito Democratico di Enrico Letta, su tutti, sembra spingere affinché venga introdotta la patrimoniale, che è una storica battaglia della sinistra italiana. Di rimando, il centrodestra, con Forza Italia ed Antonio Tajani in testa, domandano l'abbassamento della pressione fiscale. Insomma Ruffini presenta una visione complessiva sulle tasse e sulla loro portata collettiva, mentre le formazioni politiche affrontano il medesimo argomento, guardando soprattutto alla prospettiva e cercando d'indirizzare le prossime scelte dell'esecutivo guidato da Mario Draghi.

Venendo alla relazione tra la dottrina cristiano-cattolica e le tasse, il direttore dell'Agenzia delle entrate annota pure quanto segue: "Un dovere (quello di pagare le tasse, ndr) che ci viene rammentato anche dalla Dottrina sociale della Chiesa. Una prima rilettura del dovere di lealtà fiscale, nella storia recente della storia della Chiesa, è stata compiuta con il Concilio Vaticano II, che ha esortato i cittadini a non trascurare "il dovere di apportare alla cosa pubblica le prestazioni, materiali e personali, richiesta dal bene comune"", scrive Ruffini, che cita la Costituzione pastorale Gaudium et Spes. Insomma, la Chiesa cattolica ha riconosciuto a pieno il ruolo che le tasse svolgono per il benessere collettivo e quel riconoscimento può fare da monito per la comunità nazionale.

Gli avversari dell'amor cristiano, in questo senso, corrisponderebbero alla evasione ed alla elusione. Entrambi comportamenti che poco avrebbero a che fare con la misericordia. Ma qual è la concezione che la cristianità ha delle tasse in termini di pragmatismo? Forse è utile ricordare un episodio specifico: nel 2007, soffermandosi sulla figura di San Giovanni Crisostomo, Joseph Ratzinger, che all'epoca era vescovo di Roma, ha sottolineato pure come i cristiani d'Oriente avessere contestato l'Impero per via dell'aumento della tassazione.

Un atteggiamento che - come rimarcato dall'ex pontefice con una certa dose di sarcasmo - poteva essere percepito come attuale. Dunque, i cristiani non per forza hanno, nel corso della loro storia, subito in maniera passiva il dovere della tassazione, correlandolo all"amor cristiano".

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