"Ecco la vera storia sulla morte di Fabrizio Quattrocchi"

Valeria Castellani, 44enne vicentina, è una contractor che ha conosciuto Fabrizio Quattrocchi: "Vi racconto quel giorno di aprile"

"Ecco la vera storia sulla morte di Fabrizio Quattrocchi"

"Vi faccio vedere come muore un italiano". Fabrizio Quattrocchi è in ginocchio, quando pronuncia queste parole. Le sue ultime parole. Dietro di lui ci sono i terroristi islamici che lo avevano rapito dieci giorni prima. Il contractor guarda la telecamera e, nonostante la morte sia pronta ad arrivare, sembra tranquillo. Poi succede qualcosa di inaspettato, come ricorderà il reporter Pino Scaccia: "Fabrizio Quattrocchi è inginocchiato, le mani legate, incappucciato. Dice con voce ferma: 'Posso toglierla?' riferito alla kefiah. Qualcuno gli risponde 'no'. E allora egli tenta di togliersi la benda e pronuncia: 'Adesso vi faccio vedere come muore un italiano'. Passano secondi e gli sparano da dietro con la pistola. Tre colpi. Due vanno a segno, nella schiena. Quattrocchi cade testa in giù. Lo rigirano, gli tolgono la kefia, mostrano il volto alla telecamera, poi lo buttano dentro una fossa già preparata. 'È nemico di Dio, è nemico di Allah', concludono in coro i sequestratori".

Valeria Castellani, 44enne vicentina, è una delle poche contractor italiane e ha conosciuto Quattrocchi. La data che le cambia la vita è, ovviamente, l'11 settembre. Le Torri Gemelle in fiamme, i tremila morti, poi la guerra in Afghanistan e in Iraq. Il mondo non sarà più lo stesso. Ed è proprio a Kabul, come ricorda la Castellani a La Verità, che la sua vita cambia: "Vado a Kabul nel giugno 2002, assistente del capo missione di Intersos. Solo che non essendoci alcun capo missione, dopo qualche giorno mi spostano a Kandahar per partecipare al coordinamento dell' apertura di un campo per Idp, International displaced people. Afghani che avevano perso tutto nella guerra e che venivano sistemati lì in attesa di tornare alle loro case". In quegli anni vede solamente la polvere, la fame e la miseria. Valeria non sa ancora sparare. È infatti un'operatrice umanitaria: "Io non volevo un' arma per sparare ad altri. Ma per sparare a me stessa se fossi stata rapita", confessa.

Poi è la volta dell'Iraq, dove Valeria si adopera - racconta sempre a La Verità - "in un programma di cultura della sanificazione dell' acqua e nel ripristino del commercio dei datteri. In quei mesi accade una svolta". Paolo Simeone ha l'intuizione, soprattutto dopo il rapimento delle "due Simone", ovvero Simona Pari e Simona Torretta: la sicurezza privata. Ed è qui che la sua vita si incrocia a quella di Quattrocchi. È il 13 aprile del 2004 e il contractor sta accompagnando tre aspiranti volontari in Giordania. Non sono proprio portati per quel mestiere e, tra le sabbie infuocate dell'Iraq, sarebbero solo di impiccio. Ma il loro mezzo viene fermato. I quattro vengono fatti prigionieri. Ricorda la Castellani: "È stato orribile. Io l' ho saputo prima di tutti da un addetto della nostra ambasciata. Il 13 aprile ero stata anche a incontrare l' assemblea degli anziani capi tribù di Falluja: ci hanno fatti entrare in una casa e loro erano tutti seduti lungo le pareti di un enorme salotto su delle sedie tipo troni. L' incontro, di cui avevo avvertito l' ambasciata italiana che però non ha voluto inviare nessuno, era stato agevolato da un amico dei servizi britannici. Noi cercavamo di salvare Fabrizio e mi avevano dato rassicurazioni. Invece è stato ucciso".

Secondo quanto racconta la Castellani a La Verità, Quattrocchi sarebbe stato ucciso perché "aveva un computer con dentro foto di missioni in Nigeria e Bosnia, luoghi in cui i musulmani erano stati uccisi". Ma la realtà è però un'altra: "Fabrizio non era mai stato in Nigeria e in Bosnia ed era totalmente analfabeta di informatica. Il pc non era suo. E non parlava né capiva l' inglese".

Sul video della morte del contractor si sente uno dei sequestratori parlare in italiano. Non si sa chi sia.

Ma la Castellani ricorda che "in quei giorni si aggirava nell' hotel un iracheno che parlava perfettamente la nostra lingua. È la stessa persona che ha organizzato il loro trasferimento in Giordania. Usando stranamente un unico mezzo, vistoso, anziché due anonimi taxi".

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