Un paesaggio surreale, apocalittico, minaccioso. Si presenta così, unica e sconcertante, la bomba ecologica pronta ad esplodere alle porte della Capitale: un cimitero di frigoriferi che si estende per oltre sessanta sterminati ettari di prato, tra il Comune di Tivoli e la borgata romana di Castelverde.
La “Frigo Valley”, così l’ha ribattezzata chi vive nella zona, è ciò che resta dell’insediamento di 500 nomadi che, per un decennio, hanno vissuto lungo le rive del fiume Aniene. A raccontarci la genesi di questo monumento al degrado è Sandro Susanna, ex direttore dello stabilimento Stacchini che, fino agli anni Novanta, produceva polvere da sparo ed esplosivi in quello stesso terreno. “Quando l’azienda ha chiuso - ricorda Susanna - sono arrivati i rom e hanno impiantato una pseudo industria di riciclaggio dei frigoriferi”. Il presidente del Circolo di Legambiente Tivoli, Gianni Innocenti, ci spiega meglio il business che i nomadi avevano messo sù con la complicità dei commercianti di elettrodomestici: “I primi guadagnavano rivendendo il materiale recuperato da freezer e congelatori, i secondi, invece, si intascavano la quota di 16 euro pagata dal consumatore al momento dell’acquisto e destinata al corretto smaltimento”.
Oggi la proprietà dei terreni è della Euroiset Italia che, però, non ha ancora provveduto alla bonifica della discarica. “Non ci sono soldi”, si sono sentiti rispondere i residenti che, da anni, si battono per la riqualificazione. Non è solo una questione di decoro, non c’è solo la voglia di restituire quest’area di incredibile pregio naturalistico al suo antico splendore. C’è anche la paura che le sterpaglie essiccate possano prendere fuoco. Un’ipotesi tutt’altro che remota dato che, l’ultimo rogo, c’è stato soltanto l'anno scorso. Le fiamme hanno lambito le carcasse dei frigoriferi, ma le centraline dell’Arpa non hanno rilevato valori anomali. Il rischio dietro l’angolo, però, è che un incendio di vaste proporzioni possa tradursi in un vero e proprio disastro ambientale. Paragonabile, secondo alcuni, a quello dell’EcoX di Pomezia. La plastica giallastra che avvolge i frigoriferi, fa notare Innocenti, “contiene poliuretano, un polimero la cui combustione genera diossina”.
E non solo. Lungo il cammino che conduce alla Frigo Valley ci sono decine di piccole discariche dove non è difficile imbattersi in lastre e tubazioni di cemento-amianto. Insomma, siamo di fronte all’ennesimo spettro che aleggia su un’area già satura di discariche abusive, impianti industriali e campi rom. Paolo Cartasso, presidente del comitato “Case Rosse 2014”, parla di un raggio di 7 chilometri che interessa i comuni di Roma, Guidonia, Tivoli, Fonte Nuova e dove “le cave presenti nel territorio sono state usate come discariche abusive, in molti casi riempite da rifiuti ospedalieri”. Ci sono anche le emissioni delle tante industrie che “inquinano l’atmosfera e le falde acquifere”. E in questa nuova “Terra dei Fuochi”, secondo Cartasso, la salute di circa 300mila abitanti è in pericolo: “La mortalità per patologie connesse all’inquinamento ambientale supera del 30 per cento quella delle zone limitrofe”.
Proprio oggi, la commissione ambiente del Comune di Roma si è riunita per discutere di “rifiuti e bonifiche”. Il presidente di “Case Rosse 2014” c’era. Ed è riuscito a strappare al presidente della commissione ambiente Daniele Diaco la promessa di impegnarsi “a convocare un osservatorio sulla salute e l’inquinamento del territorio”. È un giorno felice, è una piccola vittoria per “i tanti bambini della zona”.
A fargli eco è anche un altro membro del comitato, Antonio Bartolomucci, che da un ventennio vive nel quartiere di Case Rosse: “Speriamo che si possa fare qualcosa, perché sono molte le persone che negli ultimi 3-4 anni si sono ammalate di tumore”. Ha gli occhi lucidi. Gli amici se ne vanno, l’immondizia, per ora, resta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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