Frodare il Fisco italiano per finanziare la jihad. La scoperta fatta negli ultimi mesi dalla procura di Milano scoperchia una truffa miliardaria che, grazie alla manipolazione dei mercati energetici europei, da anni rimpingua le casse dei fondamentalisti islamici per combattere la Guerra Santa contro l'Occidente. L'indagine, svelata oggi sul Corriere della Sera da Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella, smaschera un'associazione criminale anglo-pakistana e una franco-israeliana che, tra il 2009 e il 2012, avrebbe sottratto al Fisco italiano oltre 1.150 milioni di euro di Iva.
L'uomo chiave dell'inchiesta milanese è Imran Yakub Ahmed, un pachistano 40enne con passaporto inglese e residenza a Preston. Il suo nome è saltato fuori, per la prima volta, quando i soldati americani misero le mani sui documenti trovati nel rifugio di Osama Bin Laden. Dopo qualche anno eccolo rispuntare nella veste di amministratore della "Sf Energy Trading spa", società milanese su cui avevano messo gli occhi i pm Carlo Nocerino e Adriano Scudieri per la facilità con cui riusciva a fare soldi grazie all'accordo di Kyoto. Dal momento che ogni Stato ha una quota massima di produzione di anidride carbonica, le aziende che riescono a stare sotto al tetto assegnato possono vendere il rimanente della quota alle imprese meno virtuose attraverso i carbon credit. L'associazione criminale acquistava carbon credit in Gran Bretagna, Francia, Olanda e Germania attraverso società con sede in Italia, intestate a prestanome cinesi o a persone a cui rubavano l'identità. Ed è qui che scatta la truffa al Fisco italiano: l'Iva, che in questo tipo di transazioni intracomunitarie non deve essere pagata, veniva fissata al 20% e caricata sul prezzo d'acquisto. Il carbon credit, caricato dell'Iva al 20%, veniva quindi rivenduto ad altre società fittizie che intermediavano con gli acquirenti finali.
Come spiega il Corriere della Sera, i pm di Milano sono riusciti a ricostruire il giro di denaro generato dal rincaro dell'Iva al 20% e a far luce su conti correnti che da Cipro e Hong Kong finivano agevolmente a Dubai. Negli Emirati Arabi Uniti, però, le rogatorie si sono schiantate contro un muro di gomma. Oltre non è stato possibile andare. Tuttavia, come svelano Ferrarella e Guastella, dietro le "imponenti operazioni di riciclaggio" sarebbero servite a finanziare il terrorismo internazionale di matrice islamica. Chiuso il cerchio, sono state indagate ben trentotto. Di queste undici sono ricercate. Come ancora da trovare sono i soldi: dei 1.150 milioni di euro sottratti al Fisco ne sono stati recuperati appena 80 milioni. C'è ancora tanto da fare.
Nel frattempo un’inchiesta parallela avrebbe scoperto una seconda frode, molto simile a quella legata ai carbon credit. Anche in questo caso si parla di 450 milioni di euro evasi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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