Un'intesa tra vecchi amici, se non a un ritrovo di famiglia. Per Silvio Berlusconi, il leader del centrodestra, il capo di Forza Italia, l'uomo della rivoluzione liberale e del miracolo del 1994, delle vittorie dal 1999 al 2001, della super rimonta del 2006, del trionfo del 2008, il rapporto con i lettori del Giornale è sempre stato affettuoso e complice. Come quando, era il 2012, si imbarcò con loro, in una dei Viaggi del Giornale, una crociera partita da Venezia a bordo della Msc Divina, ammiraglia della compagnia. Confessa, tra amici, che se non avesse fatto l'imprenditore avrebbe fatto il cantante. «Quando cantavo in Francia - racconta - usavo lo pseudonimo di Dani Daniel. E Le Figaro pubblicò una bellissima recensione: scrisse che davo espressività alle parole delle canzoni». Sono in tanti, cercano un autografo, una stretta di mano, un sorriso, una parola. Nessun culto della personalità, semmai affetto. C'è chi lo apprezza come capo politico, chi si identifica nel Berlusconi imprenditore. Il Cav ha quasi un legame di sangue con il Giornale, lo aiutò ai tempi di Montanelli, nessuno voleva farlo. «Per i lettori del Giornale ci sono sempre» dice. E Paolo Granzotto, rispondendo a un lettore così raccontava quell'incontro.
Caro Granzotto,
perché a noi che siamo restati a terra non ci racconta come è andato l'incontro tra Silvio Berlusconi e i fortunati crocieristi? Un racconto non «ufficiale» destinato ai lettori dell'«Angolo» rimasti a bocca asciutta per l'occasione perduta e immagino non ripetibile? Augusto e Mara Sardelli e-mail
Mai dire mai, cari Sardelli. Primo perché con le navi da crociera Silvio Berlusconi ha quel che lui stesso definisce «una certa pratica». Secondo perché non c'è alcun dubbio: si è sentito in famiglia, fra sodali e son certo che oltre a farlo felice, questo l'abbia corroborato: mai visto così in forma. Si è imbarcato da crocierista, dividendo gli (sterminati) spazi della nave senza particolari coperture da parte del servizio di sicurezza, per altro gentile e disponibile, oltre che discreto. Credo che abbia firmato una montagna così di dediche, vergate su una pagina del Giornale, su un taccuino, su una cartolina e perfino sui tovaglioli della sala da pranzo.
Saranno stati un centinaio i lettori che hanno voluto farsi fotografare al suo fianco e a nessuno si negò. C'erano poi di quelli che si limitavano a semplicemente stringergli la mano, altri che gli volevano parlare: il Cavaliere stringeva le mani e ascoltava. Mi hanno raccontato (io ero in cabina a preparare l'«Angolo») che dopo cena ha intrattenuto i lettori facendo le ore piccole suonando qualcosa in un piano bar. Se n'erano sentite tante sul Cavaliere, che era depresso, che era giù. Mah, centinaia di lettori l'hanno trovato - e io sottoscrivo - alquanto pimpante anche se, quando si affrontava l'argomento, seriamente preoccupato per la situazione non solo economica, ma anche istituzionale in un Paese che ha urgente bisogno di riforme per mettersi a riparo da brutte sorprese.
Insomma, cari amici, la permanenza del Cavaliere a bordo della «Msc Divina», così si chiama la nave che sta dirigendosi a Istanbul, se ha rallegrato assai i crocieristi non credo di sbagliare affermando che ha rallegrato parimenti l'ospite d'onore. Il quale, il giorno successivo al suo imbarco, incalzato dal direttore Alessandro Sallusti ha tenuto banco in teatro, raccontando di sé partendo da quando aveva i calzoni corti e arricchendo la narrazione di aneddoti e di boutades, proprio come si farebbe a una tavolata tra amici.
Ma queste sono cose che sapete, avendole lette nelle cronache. Quello che potete solo immaginare è il rapporto di simpatia, di affinità che subito s'è creato tra Berlusconi e i lettori «di un Giornale che da quasi quarant'anni è la più importante bandiera della libertà». Aggiungendo, musica alle orecchie di chi questo quotidiano legge (e di chi ci lavora), «Sono venuto a parlare qui perché qui sapevo di trovare persone che credono nella libertà e nella democrazia sin dalla fondazione del Giornale, dai tempi di Indro. Sono contentissimo di essere qui».
Mica male. E mica male la sua dichiarazione conclusiva, il suo saluto prima di sbarcare. Dopo aver dato una risposta molto ben articolata e argomentata alla domanda che tutti avevano sulle labbra: «Ridiscenderà in campo?», risposta che voi conoscete per averla letta su queste pagine, il Cavaliere s'è accomiatato scandendo: «Sento sempre il dovere di non consegnare il Paese alla sinistra». Sarò anche ingeneroso, ma in quel momento, chissà perché, il mio pensiero è andato ai coriferi dell'antiberlusconismo isterico-compulsivo. Immaginandomeli tutti alle prese con un possente attacco di fegato. L'ennesimo che li tormenta. E non di certo l'ultimo.
Paolo Granzotto
Il Giornale, 18 settembre 2012
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