"Io apro lo stesso...". Ma la rivolta di Tito finisce male

Messi i sigilli al ristorante per aver servito ai tavoli nonostante il divieto. Il titolare: "Ci hanno detto che si chiudeva la notte prima. Io avevo già comprato tutto"

"Io apro lo stesso...". Ma la rivolta di Tito finisce male

San Valentino amaro per Mohamed El Hawi. Per tutti: Momo. Di origini egiziane, ma con accento fiorentinissimo, Momo è il titolare (con altri due locali) della pizzeria ristorante Tito I peccati di gola di via Baracca 149 a Firenze. Che domenica 14 febbraio, come riporta La Nazione, dopo il passaggio in zona arancione della Toscana con l’ordinanza del ministro Speranza firmata in zona cesarini, si è visto apporre i sigilli al locale. Sì, perché Momo non ci sta e decide che lui a San Valentino, il servizio ai tavoli, lo fa ugualmente.

E i perché, dice Momo, sono “mille”. “Perché avevo comprato un sacco di roba, perché ho un sacco di gente a lavorare, perché era la cosa giusta da fare, perché ho i distanziamenti, perché rispetto le regole, mille perché del perché ho aperto”. E all’ora di pranzo quando arrivano gli agenti della polizia di gente ai tavoli ce n’è parecchia. Almeno una quarantina, tutti comodamente seduti, e distanziati, convinti a consumare fino all’ultima portata la "trasgressione" di San Valentino. “La polizia municipale - spiega Momo - è arrivata abbastanza presto, sono cominciati ad affluire i clienti: alcuni sono stati bloccati, fisicamente intendo, i vigili hanno capito e hanno provato a spiegare loro che li avrebbero multati. Buona parte di queste persone ha deciso comunque di entrare".

Chi sta mangiando o ha cominciato a farlo riesce a terminare il pranzo perché alle 15,45 gli agenti sono ancora impegnati nelle verifiche, ma per Momo non finisce altrettanto bene. “Sono venute le forze dell’ordine dietro segnalazione a chiedere il locale perché ero aperto per il pranzo di San Valentino. Quando ci hanno detto ieri notte che non si potrebbe”. Gli agenti della sezione amministrativa della polizia municipale, notificano al ristoratore un’ordinanza del prefetto di chiusura di ‘Tito’, per cinque giorni. E non si tratta di ‘semplice’ sospensione della licenza (rilasciata dal Comune) dell’attività di somministrazione di bevande e di alimenti e consumo sul posto. Ma di un provvedimento di esecuzione forzata con tanto di apposizione dei sigilli.

Non è chiaro però se il provvedimento contenga ipotesi di reato. "Lo sto leggendo adesso, qui al ristorante insieme al mio avvocato Lorenzo Nannelli. Sembra un provvedimento fatto ad hoc per me – dice Momo – non sono su quali basi giuridiche. Non credo per epidemia colposa, né mi pare che siano contestate infrazioni nuove salvo quella di servire ai tavoli". Sul blitz, imbeccato da una "segnalazione" pesa la ‘resistenza recidiva’ di Momo. Tra gli organizzatori della protesta #Ioapro contro le limitazioni anti-Covid dei Dpcm, il ristoratore da due mesi non chiude i suoi tre ristoranti a dispetto delle ripetute multe.

Insomma, Momo e il suo locale di via Baracca erano già nel mirino delle forze dell’ordine. Più volte c’è stato un via vai di agenti che hanno contestato violazioni varie con relative contravvenzioni. Che, però, non hanno mai fermato la rivolta di Momo. Fino a ieri.

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