Fanno affari sulla pelle dei disperati ma restano impuniti. Almeno in Italia. "Negli ultimi mesi abbiamo arrestato 976 scafisti", ha affermato il premier Matteo Renzi subito dopo l'ultima tragedia nel Canale di Sicilia. Peccato che di questi solo il 10 per cento sarebbe rimasto in cella. Fermati e identificati, dopo 5 giorni i timonieri della morte sono pronti per riprendere il largo essendo stati messi in libertà. Così l'arresto, di fatto, non è un deterrente efficace per bloccare il traffico degli immigrati. Solo una decina di quelli fermati resta in carcere, gli altri nell'attesa di un rinvio a giudizio vengono immediatamente scarcerati. E in tanti spesso fanno sparire le loro tracce. Spesso chi li accusa è costretto a cambiare versione e ritratta tutto dopo qualche minaccia. Eppure le leggi ci sono, ma restano lettera morta. Infatti per gli scafisti in Italia è prevista una pena che arriva fino a un massimo di 12 anni di reclusione. E alla polzia non resta che il senso di impotenza per un fenomeno che appare senza soluzione.
"Va verificato quanti di questi "Caronte" denunciati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina vengono effettivamente rinviati a giudizio e processati e qui senz’altro la questione si complica - conferma a il Tempo, Giorgio Innocenzi, segretario generale nazionale della Confederazione sindacale autonoma di polizia.
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