Sono scattate di nuovo le manette ai polsi di monsignor Nunzio Scarano. L’ex contabile dell'aministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, già finito in manette lo scorso 23 giugno con l’accusa di truffa, corruzione e calunnia nell’inchiesta sullo scandalo Ior, è ora accusato è di "concorso in riciclaggio". Insieme all'alto prelato è stato arrestato, su ordine della procura campana diretta dal procurarore capo Umberto Zampoli, un altro sacerdote, mentre per un notaio è stato adottata la misura del divieto dell’esercizio dell’attività professionale. I due consacrati sarabbero responsabili di aver organizzato false donazioni. La Guardia di Finanza ha provveduto al sequestro di beni immobili e disponibilità finanziarie per oltre sei milioni di euro.
Secondo l’ipotesi investigativa della procura di Salerno, le donazioni sarebbero servite a monsignor Scarano a coprire un grosso riciclaggio di denaro. Con la scusa di dover ripianare i debiti di una società immobiliare titolare di alcune abitazioni nel centro storico di Salerno, l'ex contabile dell'Apsa avrebbe contattato una sessantina di persone chiedendo a ognuno di loro la compilazione di un assegno circolare con somme intorno ai diecimila euro. Sempre secondo l’accusa formulata dopo mesi di indagini avviate all’inizio del 2013 e condotte dal nucleo di polizia tributaria delle Fiamme Gialle, coordinate dal colonnello Antonello Mancazzo, gli assegni sarebbero stati soltanto una partita di giro, in quanto al momento della consegna i donatoriavrebbero ricevuto l’equivalente in denaro contante.
Dallo scorso 25 ottobre monsignor Scarano si trova agli arresti ospedalieri, per gravi motivi di salute, alla casa di cura "Ruggi d’Aragona" di Salerno su decisione del gip di Roma. Nella Capitale, dove i pm indagano da diverso tempo sui conti accesi allo Ior, l’altro prelato è sotto processo perché accusato di corruzione in concorso con l’ex 007 Giovanni Maria Zito e il broker Giovanni Carenzio. Gli inquirenti stanno cercando di far luce sul tentativo di far rientrare in Italia 20 milioni di euro depositati in Svizzera e riconducibili agli armatori D’Amico. Il piano era, poi, fallito perché, al momento di consegnare il denaro per trasferirlo in Italia, Carenzio non si presentò all’imbarco con la somma. Contro Scarano si erano costituiti parte civile sia la presidenza del Consiglio sia l’Aisi, il servizio di sicurezza interna.
Il monsignore, che risponde anche di un episodio di calunnia, aveva fatto sapere ai giudici della quinta sezione penale del tribunale, tramite il proprio difensore, l’avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, che non si sarebbe presentato mai in aula.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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