Più trascorrono gli anni dalle esperienze di governo «cinque stelle» e più l'immagine diventa nitida e sconfortante. I risultati del reddito di cittadinanza si portano dietro dei numeri inequivocabili: secondo l'ultima stima dell'Inapp (Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche pubbliche) solo l'8% di chi ha percepito l'assegno ha trovato lavoro o ha frequentato i corsi di formazione. Un fallimento conclamato sull'obiettivo principale di quella legge, cioè l'inserimento di chi ha bisogno nel mondo del lavoro. Altro tema il «superbonus» per l'edilizia: non passa giorno che non esca fuori una truffa dalle più modeste a quelle di dimensioni colossali. Ed emergono una serie infinita di fattispecie, una sorta di fiera del raggiro. Conseguenza: miliardi su miliardi di denaro dell'erario sono andati in fumo e, nel contempo, tanta gente che ne aveva il diritto si ritrova in mezzo al guado con crediti fiscali che non sa a chi dare. Se poi si torna indietro ai tempi del Covid, anche su quei 200 miliardi di euro fiore all'occhiello dell'ex-premier grillino, non si contano i trucchi e gli inganni. A partire all'«affaire mascherine» di cui non si conoscono ancora tutti i contorni (almeno quattro procure stanno ancora indagando).
Diciamo subito che questa non è una critica alla persona di Giuseppe Conte. Non è neppure un giudizio politico, ma è la semplice constatazione dei guai che hanno provocato i governi con dentro i grillini: una sorta di ipoteca sul Paese le cui dimensioni appaiono sempre più chiare con il trascorrere del tempo come pure le ragioni.
Il problema non riguarda la natura di quei provvedimenti. Anzi, alcuni rispondevano ad esigenze vere o, comunque, avevano un senso, condivisibile o meno. Il superbonus, per fare un nome, poteva essere uno strumento per rilanciare la nostra economia iniettando risorse in uno dei settori che in Italia tira di più. Aveva, quindi, indubbiamente una «ratio». Il difetto, il limite, che si riscontra semmai è su come sono stati scritti quei provvedimenti e, ancor più, su come sono stati applicati. Non c'è stata nessuna valutazione dei rischi a cui lo Stato andava incontro, nè tantomeno si è immaginato come malavitosi e furbi potevano trasformare quelle leggi in occasioni di truffa.
I grillini, rifacendosi alla loro filosofia, dicono che la colpa è di chi se ne è approfittato, dei soliti delinquenti, ma non è così. Prevedere le possibili speculazioni su un provvedimento è compito del legislatore. La verità è che la scoperta quotidiana delle frodi e delle inefficienze che si sono verificate nell'applicazione di quelle leggi dimostra che in quel governo non c'erano persone competenti, o, almeno, ce n'erano davvero poche.
Ed è la prova del nove di un dato che tutti tendono a sottovalutare: al di là del colore politico, delle ragioni di parte, delle appartenenze agli schieramenti, nella gestione della cosa pubblica un tasso minimo di competenze ci deve essere se non si vogliono provocare troppi danni. È un insegnamento che vale per Conte, per i grillini, come per tutti i governi.
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