Ippodromo di Tor di Valle: dalle corse al degrado

Continua il braccio di ferro sull'ex ippodromo di Tor di Valle, dove dovrà sorgere lo stadio della Roma. La struttura cade a pezzi ed è circondata da una discarica a cielo aperto, ma gli ambientalisti denunciano il rischio di una "maxi speculazione edilizia"

Ippodromo di Tor di Valle: dalle corse al degrado

Il vecchio ippodromo di Tor di Valle sorge al centro di una distesa di verde, che costeggia il Tevere. È qui, a pochi minuti di macchina dall’Eur, che l’imprenditore James Pallotta e il gruppo del costruttore Luca Parnasi, vogliono costruire il nuovo stadio della Roma, con annesso un Business Park. Un progetto da 1,7 miliardi di euro e un milione di metri cubi di cemento che fa discutere, divide il Movimento 5 Stelle, l'Assemblea capitolina e i cittadini romani.

Tor di Valle: dalle corse al degrado

L’ippodromo, celebre per essere stato il set del film Febbre da Cavallo, è stato progettato dall’architetto Julio Lafuente per le olimpiadi del 1960. Dopo cinquant’anni di corse, nel 2013 ha chiuso i battenti ed è stato acquistato da Parnasi. Oggi la struttura cade a pezzi e tutt’intorno sembra una discarica a cielo aperto (guarda le foto). Per arrivarci bisogna passare in mezzo a cumuli di immondizia, materiale edile, masserizie, motorini abbandonati e piccoli insediamenti di nomadi.

Nonostante lo stato di degrado in cui versa l’edificio, il 18 febbraio scorso Margherita Eichberg, soprintendente all’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Comune di Roma, ha avviato un procedimento “di dichiarazione di interesse particolarmente importante del manufatto Ippodromo di Tor di Valle". Praticamente, l’anticamera del vincolo sulla vecchia tribuna e sull’area circostante. Vincolo che costringerebbe i proponenti del progetto a dire addio alla costruzione di centri commerciali e grattacieli. La Roma ha subito promesso battaglia contro la decisione della soprintendenza e del Mibact, annunciando di voler percorrere “ogni possibile azione a tutela del progetto”. E martedì, in un tour organizzato dalla società all’interno dell’Ippodromo di proprietà di Parnasi, l’architetto Roberto Della Seta e l’urbanista Remo Calzona, hanno definito "surreale" la proposta di vincolo su un impianto sportivo ormai ridotto ad un rudere, con le tribune pericolanti e le stalle ricoperte dall’amianto.

Gli ultimi residenti

Nel primo pomeriggio l’ippodromo è deserto (guarda il video). Non c’è nessuno a parte la vigilanza privata che controlla la struttura giorno e notte e qualche ciclista che percorre la vicina pista ciclabile. Appoggiati al muretto del gabbiotto ci sono Leandro, Federico e il cane Willy. Sono gli ultimi inquilini dell’ippodromo. Qui lavoravano prima che l’impianto chiudesse i battenti, e qui continuano a vivere in attesa di sapere se lo stadio si farà o no. Se venisse costruito, riceverebbero una buona uscita di circa 20mila euro per lasciare le loro case. In attesa che arrivi quel momento, però, continuano a vivere senza elettricità, né riscaldamento perché il proprietario da quando ha comprato la struttura “ha staccato tutto”. Federico ha 74 anni, è romanista e vive con la pensione minima. Lo stadio, da tifoso, lo vorrebbe, anche se con la chiusura dell’ippodromo ha perso casa e lavoro. Gli sono rimasti un motorino e il cane, che attaccato al collare ha un nastrino giallorosso. “Da quando l’ippodromo ha chiuso, il degrado ha preso il sopravvento su tutta l’area”, ci dice Leandro, che abita ancora all’interno della struttura. “Penso che al costruttore faccia comodo che l’area rimanga in questo stato e che resti l’immondizia”, spiega il signor Leandro a ilGiornale.it, “tanto loro devono buttare giù tutto e costruire”.

Il rischio di una "nuova speculazione edilizia"

“Io sono contrario al progetto”, ci dice un ciclista che fermiamo mentre passa davanti all’ingresso dell’ippodromo, “la cubatura dello stadio è solo il 14% di tutto quello che verrà costruito, quindi è chiaro che gli interessi sono ben altri”. Altri, invece sono favorevoli. "Se devono lasciare tutto così, tanto vale che costruiscano", ci dice un altro ciclista di passaggio, indicando la strada con i cumuli di immondizia ai lati. Contrari, non allo stadio, ma al progetto del Business Park sono, invece, i cittadini del comitato Difendiamo Tor di Valle dal cemento, che denunciano quella che per loro è una “nuova speculazione edilizia”. “Dello stadio qui non importa niente a nessuno, lo stadio è il cavallo di Troia, quello che conta è il Business Park, lo sappiamo tutti”, ci dice Massimo Sabbatini, del comitato Difendiamo Tor di Valle dal cemento, mentre passeggiamo con lui nel parco che si estende dietro l’ippodromo. Il centro direzionale e commerciale con tre grattacieli, secondo Sabbatini, non solo “è inutile” perché nelle vicinanze c’è già un centro commerciale e perché all’Eur ci sono già palazzi per uffici e grattacieli completamente vuoti. A rischio, per i cittadini, c'è pure il parco che costeggia il Tevere, che sarà ricoperto “da ettari di cemento”. L’area, secondo Sabbatini, sarebbe anche soggetta a rischio idrogeologico e inadatta per costruire. “Se andate dall’altra parte trovate i laghetti”, ci dice un altro passante, “non ci sono i canali che portano al Tevere, se piove l’acqua rimane là, certo se vogliono fa i grattacieli…”.

Continua il braccio di ferro tra As Roma, Eurnova e Campidoglio

Intanto, il Campidoglio sarebbe pronto a bloccare, in via cautelativa, la delibera ereditata dalla giunta Marino, che stabilisce la pubblica utilità dello stadio della Roma, per il venir meno dell’interesse pubblico e alla luce delle criticità emerse, con riferimento al vincolo della soprintendenza.

Mentre è slittato a venerdì l'incontro che era in programma oggi tra Campidoglio, As Roma e Eurnova, proponenti del progetto per il nuovo stadio della Roma. La strada per la costruzione dello stadio a Tor di Valle appare, quindi, sempre più in salita.

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