L'Italia guidata da Renzi all'estero non conta niente

Dalla crisi ucraina all'Isis: sulle questioni delicate non siamo nemmeno interpellati. Eppure dopo le Europee Renzi rivendicava un ruolo più importante per il nostro Paese

L'Italia guidata da Renzi all'estero non conta niente

«Ora l'Italia conterà di più in Europa», profetizzava Matteo Renzi all'indomani della vittoria elettorale che faceva volare il Pd oltre il 40 per cento. Parole che non passeranno alla storia. Non occorre essere acuti osservatori per rilevare l'inconsistenza internazionale del nostro Paese. Vorremmo poter dire che questa imbarazzante situazione ha radici profonde e lontane, ma non è così. Nel bene e nel male, abbiamo esercitato negli anni passati una leggera influenza sulla politica europea e mondiale. Senza scomodare, ad esempio, Craxi o Andreotti che, piacciano o no, erano personaggi la cui parola aveva un peso in molti consessi e avevano reso l'Italia protagonista nel Mediterraneo, e non solo.

«Dacci oggi il nostro schiaffo quotidiano» sembra invece essere la preghiera del nostro governo. Eppure Renzi e compagnia ormai dominano incontrastati, mai in passato un esecutivo era riuscito a imporre riforme istituzionali da solo, a farsi una legge elettorale su misura, a occupare militarmente tutti i posti chiave dall'economia alla politica. Tutta questa forza, questa compattezza interna dovrebbe in teoria riflettersi all'estero e farci maggiormente rispettare. Invece «nisba». È vero che seminiamo poco, ma è altrettanto vero che non raccogliamo nulla, se non sberleffi e calci nel sedere, soprattutto dagli «amici» europei.

Guardiamo per esempio all'emergenza immigrazione. Senza alcuna polemica per l'ennesima strage del mare, dobbiamo riconoscere che l'operazione Ue denominata Triton è un totale fallimento. Certo, non è che quella messa in piedi dai geni di casa nostra, cioè Mare Nostrum, fosse l'ideona del secolo: lo scorso anno abbiamo battuto il record aprendo le porte a oltre 170mila immigrati, con spese milionarie a carico dei contribuenti. Un'invasione inaccettabile, ma soprattutto un'emergenza che non è solo italiana. L'Europa, però, prima ci ha deriso, facendo finta che il problema riguardasse soltanto noi, poi ha lanciato Triton, facendo pagare a noi gran parte dei costi dell'operazione, che non ferma l'invasione e neppure colpisce i mercanti di uomini. «Triton non solleva gli Stati membri dal dover controllare le proprie frontiere - ha detto ieri la portavoce della Commissione Ue Natasha Bertaud -. Questa operazione ha l'intento di sostenere lo sforzo dell'Italia e non di sostituirsi». Oltre il danno, la beffa. Non hanno aperto bocca sulle porte chiuse di Spagna e Malta, ma ci hanno sommerso di improperi quando volevamo adottare la linea dura contro gli sbarchi. È davvero insopportabile farsi prendere per i fondelli dai burocrati di Bruxelles e dagli altri governi Ue. D'altronde, che possiamo fare, non contiamo nulla e siamo pure contenti. Com'è accaduto con il caso marò, quando l'Europa dopo tre anni ha fatto finta di scoprire che l'India aveva un contenzioso con l'Italia, violando norme internazionali e pure i diritti umani. Che gioia e che tripudio nella compagnia teatrale di Renzi: «L'Europa è al nostro fianco», dicevano. Ma erano solo chiacchiere, gli «amici» europei non hanno mosso un dito e non lo faranno neppure in futuro.

Ci fa sorridere quando i giornaloni nostrani sparano titoli a tutta pagina su Renzi che sfida l'Europa sull'austerità. L'eco degli sghignazzi attraversa tutto il Vecchio Continente, da Parigi a Berlino passando per Bruxelles. La risposta è sempre la stessa: «Dovete rispettare il patto di Stabilità». Peccato che alla Germania avessero fatto una deroga. Forse nessuno lo ricorda, ma undici anni fa Berlino aveva chiesto maggiore flessibilità per sostenere gli investimenti post riunificazione. Naturalmente le fu concesso. Ma i tedeschi non sono i pezzenti d'Europa come siamo considerati noi. Vogliamo parlare della crisi ucraina? Ci hanno imposto di rompere un solido e privilegiato rapporto con la Russia, di cui siamo, anzi eravamo, il secondo partner commerciale d'Europa. Stiamo pagando un duro prezzo per esserci schierati contro Mosca, ma senza alcun ritorno né politico né diplomatico. Anzi, i nostri amici e alleati ci hanno escluso pure dal tavolo delle trattative. Nessuno dice che l'Italia debba essere protagonista, ma ai negoziati non è stata invitata neppure Federica Mogherini, Alto rappresentante della politica estera europea. Che figura. Nel caso Mogherini, poi, vale doppio. Quando si dovevano condurre le trattative sul nucleare con l'Iran, il rappresentante ufficiale dell'Ue non è stata lei, anche se è l'attuale capo della diplomazia, ma il suo predecessore Lady Ashton. Beata inconsistenza.

L'elenco di schiaffi e débâcle è senza fine. Non possiamo neppure scordare che l'Europa ci ha spinto a far la guerra a Gheddafi, con il bel risultato di ritrovarci alle porte di casa un nuovo Califfato (senza contare i danni economici per tutti gli affari che sono andati perduti).

Che possiamo dire? Non siamo più padroni a casa nostra. Abbiamo deciso, anzi, la nostra classe dirigente ha deciso di cedere la sovranità, dall'economia alla politica estera fino ai nostri affari interni. E dobbiamo pure ringraziare. Povera Italia.

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