L'ultima autodifesa di Bossetti: "Yara poteva essere mia figlia"

Attesa la sentenza d'appello: si chiude il secondo atto del processo per l'omicidio della 13enne di Brembate. In primo grado la condanna all'ergastolo

L'ultima autodifesa di Bossetti: "Yara poteva essere mia figlia"

Si chiude il secondo atto del processo per l'omicidio di Yara Gambirasio, davanti alla Corte d'Assise d'Appello del tribunale di Brescia. Ed è va alla giovane di Brembate il primo pensiero di Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo per l'omicidio pluriaggravato della 13enne. "Per quella bambina, una ragazzina che aveva diritto di vivere, poteva essere mia figlia, la figlia di tutti voi", dice l'imputato nelle sue dichiarazioni spontanee davanti ai giudici. E aggiunge: "Neppure un animale meriterebbe così tanta crudeltà".

In primo grado Bossetti era stato condannato all'ergastolo. Nelle ultime ore, attraverso i legali, ha fatto sapere di "confidare" nella possibilità che i giudici gli "diano finalmente retta". Il procuratore generale, Marco Martani, ha chiesto la conferma della pena e, in più, per il reato di calunnia, per il quale Bossetti era stato assolto in primo grado, ha chiesto l'isolamento diurno per sei mesi. I difensori di Bossetti, gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporino, durante la loro arringa hanno cercato di smontare la "prova regina" a carico dell'operaio di Mapello: il suo dna nucleare trovato sugli slip e i leggins della ragazza. Non solo hanno messo agli atti una foto satellitare che porta la data del 24 gennaio 2011, un mese e due giorni prima del ritrovamento del corpo di Yara nel campo di Chignolo d'Isola. "L'immagine - hanno spiegato - mostra l'esatto punto del ritrovamento del corpo della vittima che, tuttavia, parrebbe non essere identificabile".

Le foto satellitari, secondo il Pg, "non provano nulla". Per l'accusa, il cadavere di Yara è stato lì per tre mesi, e il "cadavere è stato lasciato nel luogo stesso dove è stato uccisa, e Yara è stata uccisa la sera stessa". E tutto ciò è dimostrato dall'esame autoptico che ha individuato "una serie di elementi che ci portano al campo. Non ci sono elementi, invece, che dimostrerebbero che Yara è stata uccisa in altro luogo e poi portata in quel campo. Non ci sono segni di lacci ai polsi o alle caviglie, nessuna violenza sessuale e non è mai stato richiesto un riscatto". Inoltre, è la tesi dell'accusa, la risoluzione delle immagini "è tale da non permettere di vedere un cadavere. È come trovare un ago nel pagliaio".

Per tutte queste ragioni, secondo la procura generale, la sentenza di primo grado è "ineccepibile". "Il vero, i veri assassini sono liberi, stanno ridendo di me e della giustizia", ha replicato Bossetti in uno dei passaggi delle dichiarazioni spontanee rese davanti ai giudici del processo d'appello di Brescia. "Sono innocente - ha ribadito l'imputato - questo è il più grave errore giudiziario di questo secolo".

I giudici della Corte d'assise d'appello del tribunale di Brescia, davanti ai quali si è svolto il processo d'appello per l'omicidio di

Yara Gambirasio, il cui unico imputato, Massimo Bossetti, è stato condannato in primo grado all'ergastolo, sono da 10 ore in camera di consiglio per decidere se confermare o meno la pena comminata al carpentiere di Mapello.

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