Meredith, giustizia italiana sbertucciata in tutto il mondo

Il verdetto della Cassazione è la Waterloo della giustizia italiana: mostrata al mondo l'assurdità del nostro sistema. Adesso chi paga?

Meredith, giustizia italiana sbertucciata in tutto il mondo

Cinque gradi di giudizio, otto anni di indagini e processi, due ragazzi (Amanda e Raffaele) condannati e poi assolti: la Corte di Cassazione mette la parola fine a un processo, quello per l'omicidio di Meredith Kercher, che ha avuto un'eco impressionante in tutto il mondo. Per Raffaele Sollecito è "la fine di un incubo", Amanda Konx invece si sente finalmente "sollevata e grata" di poter riavere la propria vita indietro. Ma chi paga per tutto questo? La sentenza di ieri, che ha dimostrato al mondo l'assurdità del nostro sistema, è la Waterloo della giustizia italiana. Adesso sarà chiaro al mondo intero.

Una pillola amara da ingoiare e Una sentenza che ha causato uno shock alla famiglia sono i primi commenti della stampa inglese all'assoluzione in via definitiva di Amanda e Raffaele per l’omicidio della studentessa inglese. Per il Guardian, "la famiglia Kercher dopo il verdetto deve ora ingoiare una pillola molto amara", soprattutto perché, "dopo sette anni di giravolte, cambi di direzione e nuovi processi, questa non è affatto la conclusione che la famiglia Kercher avrebbe mai potuto desiderare". In particolare, per il quotidiano progressista, il problema principale è che sono state assolte "le uniche persone che siano mai state seriamente sospettate, per la famiglia una pillola assai amara da ingoiare". Anche il resto della stampa britannica sottolinea gli elementi più sorprendenti, almeno per l’opinione pubblica del Regno Unito. Il Daily Mail, tabloid molto seguito in Gran Bretagna, scrive chiaramente della "lunga saga" dei processi e di "uno choc da assoluzione per la madre di Meredith". Per il Daily Telegraph la coincidenza della sentenza con l’uscita del film Il volto dell’angelo del regista Michael Winterbottom, pellicola chiaramente ispirata ai fatti di Perugia e nelle sale americane proprio da venerdì 27 marzo, è indicativa di "un’ossessione per Amanda Knox" alimentata dal circo mediatico che "insulta Meredith Kercher". Obiettivo ora, scrive la giornalista Barbie Latza Nadeau, autrice del libro che ha ispirato il film, è riportare Meredith, "la vera vittima", al centro dell’attenzione.

A giocare un ruolo decisivo nell’assoluzione sono stati probabilmente i forti dubbi sulla validità dei test del dna eseguiti durante le indagini. A criticare le conclusioni degli investigatori italiani, ricorda la rivista New Scientist, sono stati diversi esperti su entrambe le sponde dell’Atlantico. In particolare ad incriminare i due erano tracce di dna trovate su un coltello nell’appartamento di Sollecito, sul cui manico c’era materiale genetico di Amanda mentre sulla lama c’era quello di Meredith. Su un ferretto del reggiseno della ragazza uccisa c’era invece il Dna di Sollecito. Nel 2009 una lettera di un’associazione di esperti statunitensi aveva scritto una lettera aperta alla corte mettendo in dubbio le conclusioni dei test. "Un esame chimico per la presenza di sangue sul coltello ha dato esito negativo, ma non è stato preso in considerazione - era scritto nella lettera dell’associazione The Innocence project - inoltre il Dna trovato era sufficiente solo per un profilo parziale". Se non c’erano tracce di sangue sul coltello, hanno sempre sottolineato quindi anche gli altri scienziati "innocentisti" che si sono interessati alla vicenda, come Bruce Budowles, genetista dell'Università del North Texas e consulente dell’Fbi, non era possibile che quella fosse l’arma del delitto. Gli esperti americani hanno anche paventato la possibilità che i campioni fossero contaminati, soprattutto perché l’analisi è stata condotta insieme a quella di altri reperti. Ad essere criticata è stata anche la lettura data dei risultati. Negli Stati Uniti infatti l’elettroforesi viene considerata valida se dà picchi sopra 150, mentre quelli sotto 50 vengono scartati, e quelli presi in esame per l’accusa erano tutti sotto questo livello.

"Anche il reggiseno - hanno scritto gli esperti statunitensi - conteneva diversi Dna di cui uno compatibile con Sollecito, ma i giovani si frequentavano, quindi potrebbe essere finito lì in diversi modi innocenti".

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