Cibo in scatola, cioccolata, un paio di scarpe ancora “buone”, il portafoglio con le offerte della giornata e le sigarette: tutto schiacciato nella zaino e nascosto sotto il sacco a pelo. La guerra tra poveri si combatte anche per le strade di Milano, piene di mendicanti e senzatetto. Italiani, soprattutto, che hanno perso il loro lavoro per via della crisi e sono stati subito rimpiazzati da manodopera straniera che, ai datori di lavoro, costava molto meno.
Aldo, Fabrizio, Giovanni sono anni che ormai si conoscono: dormono insieme sotto le vetrine di Bershka, a due passi dal Duomo, e vivono dividendosi quello che gli lasciano i passanti. Una specie di famiglia, l'unica di cui si fidino. “Per strada o convivi o ti ammazzi, perché nessuno può farcela da solo”, dice Aldo che viene da Abbiategrasso. Per lui un lavoro al momento non c'è, solo promesse e una chiamata che ancora non è arrivata. Due sono i problemi: è troppo vecchio – ha meno di 40 anni – e non è straniero, altrimenti qualcosa avrebbe già trovato. “Ma loro (gli stranieri) vengono prima e si sa”. Domattina bisogna svegliarsi presto perché davanti ai centri di accoglienza di piazza Tricolore e via Canova si forma una lunga fila fin dalle 9: italiani e stranieri in attesa di un piatto caldo alla mensa della carità e del proprio turno per farsi una doccia e tagliarsi la barba.
Aldo e Fabrizio si stendono avvolti dalle coperte, mentre Giovanni, un rumeno di 53 anni, rimane in piedi a fare la guardia. Papà Giovanni, lo chiamano gli altri, perché la notte veglia su di loro e quando c'è lui nessuno osa avvicinarsi. Dall'alto del suo metro e novanta squadra chiunque passi sotto i portici, i questuanti con le stampelle soprattutto, quelli che fingono di zoppicare: una volta si è distratto e uno di questi gli ha rubato uno zaino ed è scappato via correndo. Da allora non abbassa più la guardia. “Non capisco perché nessuno faccia qualcosa per loro” e tira fuori una sigaretta malconcia dalla tasca. “Non dico per me, ma per loro. Loro sono italiani...Basterebbe una stanza e ci staremmo dentro tutti quanti. Se non litighiamo qui in strada, figurati se litighiamo lì”.
Quando arriva Claudio è ormai mezzanotte, ma Aldo si alza e gli offre volentieri il cartone sotto il suo sacco a pelo. A quest'ora trovare cartone in giro è davvero difficile. L'unica possibilità è andare a cercare nei sotterranei di Zara o di Brosway in via Matteotti. Quelli della sicurezza ormai li conoscono e chiudono un'occhio quando li vedono passare. Claudio ha quasi 53 anni ed è appena tornato da Alessandria: aveva trovato un posto come guardiano notturno di un magazzino, ma il proprietario non lo pagava e allora ha preferito tornare a Milano. Viene da Rosate, un piccolo paese della Lombardia, e per anni ha lavorato come gommista rifornendo i mezzi pesanti di Esercito e Carabinieri in tutto il Nord Italia, poi un giorno il padrone della ditta ha deciso di lasciare a casa lui ed altri due operai. “È colpa della crisi, mi ha detto. Non c'è più lavoro e poi ha preso al mio posto uno straniero perché la manodopera gli costava di meno”. All'improvviso il mondo gli è caduto addosso, è finito sulla strada e la sua famiglia non ha più voluto sapere nulla di lui. Questa è la sua famiglia adesso: clochard e mendicanti come lui, stretti l'uno accanto all'altro a dividersi quel poco che hanno. Anche se per strada non ti puoi mai completamente fidare di nessuno.
“Un po' di anni fa mi hanno tagliato la tasca dei pantaloni per rubarmi il portafoglio, ma l'hanno trovato vuoto e allora si sono
presi i documenti”. “A me hanno fregato una scarpa. Una scarpa, ti rendi conto!?”, gli fa eco Fabrizio. Aldo resta a guardarli per un po' e poi chiosa sottovoce: “Questa è la vita. Non sei a casa, sei in mezzo a una strada!”- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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