Sea Watch, insulti online nel mirino: Carola chiederà risarcimenti a tutti

Sea Watch ha dato mandato agli avvocati di tutelare Carola Rackete. Parte la campagna "odiare ti costa"

Sea Watch, insulti online nel mirino: Carola chiederà risarcimenti a tutti

Nel mirino ci sono "commenti di odio", post "sessisti", insulti contro Carola Rackete e non solo. L'ultima novità riguarda e investe (probabilmente) una larga fetta degli italiani attivi in Rete. E potrebbe costare non poco alle tasche di chi ha scritto qualcosa (di brutto) sul capitano della Sea Watch 3. Non condanne penalì, né carcere, né servizi socialmente utili. Ma soldi. Molti soldi.

L'avvocato Kathy La Torre (insieme a Tlon) ha infatti ideato una campagna dal nome "odiare ti costa" per "arginare l'enorme mole di commenti diffamatori di cui siamo invasi in rete". Iniziativa lodevole. Sarà indirizzata "a tutti" e potrà chiedere un risarcimento anche "il signor nessuno o la signora nessuno". Qualcuno ti insulta su Fb, Messenger, Instagram, Youtube o sui siti dei giornali? Tu chiedi un indennizzo. Semplice. "In 48 ore abbiamo già ricevuto 6mila segnalazioni di odio", esulta la legale. Molti influencer hanno già appoggiato l'iniziativa e presto verrà creato un "pool" di avvocati, filosofi, investigatori, hacker etici e esperti informatici forsensi detito allo scopo: "Il progetto è una 'bomba' e potrà far cambiare il modo stare sui social".

La campagna partirà però proprio per Carola Rackete. "Ho avuto mandato da Sea Watch di tutelarla civilmente dall'odio sessista e insopportabile di è ormai vittima da un mese", spiega al Giornale.it La Torre, che è co-difensore del capitano insieme ad Alessandro Gamberini (che si occupa delle questioni penali). La legale ha ideato un modo per evitare di dover scovare da sola ogni singolo post da denunciare: invece di passare intere giornate a setacciare profili Facebook, si farà aiutare proprio dagli utenti dei vari social network. Chiunque potrà inviare un link di un post "incrminato" in cui appaiono commenti diffamatori da inserire nel faldone che finirà a giudizio. Saranno poi gli avvocati a "esaminare quelli giudizialmente meritevoli di tutela".

L'ammontare del risarcimento potrebbe essere ingente. "Dipende da molti fattori - dice La Torre - Più la persona offesa è nota e più è alto il risarcimento. Ad ogni modo, si parte da circa 5mila euro fino ad arrivare a decine di migliaia di euro". A finire nel mirino saranno "le offese", non "le opinioni" né la libertà di dissenso. Ma l'ingiuria, la calunnia, le minacce. Il tutto senza distinzioni. "L’odio è odio - aggiunge l'avvocato - Se Giorgia Meloni mi chiedesse di agire per tutelarla dalle offese sessiste che riceve, io non avrei alcuni scrupolo a tutelarla. Così come non ne avrei a citare in giudizio lei se offendesse rom, coppie gay, diversi e immigrati. Il senso è: si può esprimere un opinione ma senza offendere nessuno. Chi lo fa pagherà per le proprie affermazioni. Non è censura. Non è liberticidio. È legge".

Il problema, se così vogliamo chiamarlo, è che "la differenza tra ciò che è lecito e ciò che è illecito non è ancora chiara nel nostro Paese". Dunque sarà tutto da vedere. Di certo il progetto non si limiterà a Carola Rackete. Andrà oltre. Punta ad essere un "deterrente a lungo termine". "Ci interessa combattere l'odio, non la politica, anche se la politica ha grande responsabilità nel clima di odio che si è creato negli ultimi anni in Italia - spiega La Torre - Per questa ragione l’iniziativa ha lo scopo di fermare un fenomeno dilagante che colpisce chi ha molta visibilità, ma anche persone normali.

Vogliamo mettere tutti nella condizione di potersi tutelare e vogliamo trasmettere l’idea che chiunque scriva sui social è responsabile di ciò che scrive davanti alla legge, e quindi deve riflettere prima di cliccare 'invio'".

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