“Al momento arriva il prodotto straniero che diventa magicamente italiano. Ma non è questione di maghi: in realtà il problema delle importazioni di olio è politico”. Luciano, una vita dedicata ai campi e alle olive guarda nel vuoto. In realtà sembra scrutare un orizzonte pieno di nubi. Le stesse che si addensano su Avetrana, centro agricolo del Salento che, in questo nostro viaggio sulle importazioni di olio, rappresenta l’intera Puglia (guarda il video).
Scrive Confagricoltura in una nota che “degli oli di qualità riconosciuti dall’Unione europea, quasi il 40 per cento è italiano, con 43 prodotti a denominazione. Seguono Grecia e Spagna, con 29 riconoscimenti a testa. Il comparto italiano degli oli extravergini Dop e Igp vanta un giro d’affari di oltre 84 milioni di euro, dei quali quasi 54 realizzati sui mercati esteri. La produzione di olio certificato non supera il 2-3 per cento del totale, pari a 11 mila tonnellate.” Una cifra molto bassa in relazione a quelli che dovrebbero essere i numeri di un’eccellenza pugliese o, meglio, italiana.
“Se si vuol fare in maniera giusta agricoltura in Italia la si deve proteggere altrimenti è tutto inutile. Se noi produciamo olio di qualità – continua Luciano - dobbiamo pretendere che anche gli altri facciano lo stesso, distinguendo l’olio italiano da quello straniero. I piccoli agricoltori ci perdono, ma le grandi aziende ne approfittano perché pagano a poco prezzo il prodotto straniero rivendendolo come olio comunitario e spacciandolo, dietro la loro etichetta, per olio italiano”.
Un problema di commercio internazionale e una cattiva informazione minano alla base un pezzo importante dell’olivicoltura nazionale. "Il comportamento del Governo e del Pd, sulla misura che autorizza l'ingresso di olio tunisino in Europa, non solo è contraddittorio ma risulta penalizzante per l’olio italiano” afferma la deputata pugliese Elvira Savino, capogruppo di Forza Italia in Commissione Politiche della Ue alla Camera. La parlamentare fa notare che "prima il Partito democratico dà il via libera all'invasione del prodotto tunisino e qualche giorno dopo chiede di rivedere questa decisione. Un balletto che aumenta la preoccupazione dei produttori, a cominciare da quelli di una regione a vocazione agricola come la Puglia dove, oltre alla crisi, si è costretti a fare i conti anche con politiche nazionali ed europee penalizzanti". A conferma di quel “problema politico” che Luciano sente bruciare dentro come una sconfitta dopo decenni di sacrifici.
“Manca l’informazione – continua l’agricoltore con una punta di amara ironia - perché i consumatori sono all’oscuro della provenienza specifica dei prodotti". “Manca l’indicazione sulle bottiglie L’olio di molte marche nazionali – aggiunge un altro agricoltore che commercializza il prodotto - in realtà non è italiano e i consumatori non lo sanno". "Quello che un tempo si vendeva a un milione di lire al quintale, oggi non arriva neanche a 300 euro. In 25 anni i costi di produzione sono aumentati ecco perché c’è l’abbandono delle campagne –continuano insieme Luciano e il suo collega - “Così, a noi piccoli agricoltori, non resta che la nicchia dell’olio di qualità prodotto in piccole quantità”.
Sull’emergenza si allunga l’ombra inquietante della Xylella: “Una speculazione da parte delle multinazionali di prodotti chimici.
La xylella - spiegano gli agricoltori - si può prevenire con due o tre trattamenti di rame all’anno. I nostri sono alberi millenari, hanno resistito a molto peggio”. Per esempio all’aumento di 35 mila tonnellate di olio tunisino in Europa. Sul mare di ulivi, qui ad Avetrana, tramonta il sole.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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