Le Ong pressano l'Italia: "Un porto sicuro per i migranti dell'Aita Mari"

In 43 sono stati salvati ieri sera dalla nave della Ong spagnola Salvamento Marìtimo Humanitario. Ed è allarme per un altro gommone con a bordo 55 migranti: "Il governo italiano intervenga anche fuori dalle acque territoriali"

Le Ong pressano l'Italia: "Un porto sicuro per i migranti dell'Aita Mari"

Sono ammassati, uno accanto all’altro, sulla prua della Aita Mari, la nave di Salvamento Marìtimo Humanitario. Si riparano dal freddo e dal vento con le coperte di fortuna distribuite dai volontari, i 43 migranti soccorsi dall’imbarcazione della Ong spagnola, l’unica assieme alla Alan Kurdi a pattugliare il Mediterraneo in tempi di pandemia.

Sono stati recuperati ieri dopo aver preso il largo dalle coste libiche a bordo di un gommone. L’appello delle organizzazioni non governative, ora è quello di farli sbarcare in Italia o a Malta. "L'equipaggio sta facendo il possibile per assistere le persone soccorse – scrivono su Twitter i volontari di Mediterranea Saving Humans - hanno bisogno di sbarcare e di essere curati dopo oltre 80 ore su un gommone alla deriva". "Il mare si sta ingrossando – avvertono - chiedono un porto sicuro, e noi con loro".

Le autorità maltesi, però, hanno già messo in chiaro che non accoglieranno i migranti. È una decisione, ha fatto sapere il primo ministro dell’isola, Robert Abela che "non ha nulla a che fare con il razzismo o il colore della pelle". Semplicemente, ha ribadito, "non è possibile effettuare operazioni di salvataggio in alto mare" ed è necessario "scegliere tra la salute a Malta ed altro". "Ci hanno detto che non saranno mai fatti sbarcare", si sfoga Michele Angioni, primo ufficiale di bordo, intervistato da Radio Radicale.

L’appello quindi è al governo italiano, che nelle scorse ore ha promesso di trasferire i circa 150 profughi che da quasi una settimana sono a bordo della nave Alan Kurdi su un’imbarcazione individuata con il supporto tecnico della Guardia Costiera, dove verranno controllati dalla Croce Rossa e sottoposti ad un periodo di quarantena per poi essere ricollocati in Germania.

Gli attivisti chiedono alle autorità del nostro Paese di intervenire anche sul caso di un altro gommone con a bordo 55 persone. A segnalarlo, ieri notte,era stata Alarm Phone, ma dopo il rifiuto ad intervenire del centro di coordinamento dei soccorsi maltese, e il tentativo di salvataggio non andato a buon fine da parte di una nave commerciale battente bandiera portoghese, dei naufraghi non si hanno più notizie. "Le condizioni meteorologiche sono terribili – ha scritto la Ong su Twitter - speriamo siano ancora vive".

"Malta è legalmente responsabile per i casi di pericolo nella sua zona SAR e sta agendo illegalmente", denunciano i volontari che incalzano la Guardia Costiera italiana. "L’Italia può soccorrere ed è ugualmente responsabile di lasciare 55 persone morire a poche miglia dalla sue coste, speriamo siano vivi, salvateli adesso", esortano gli attivisti. Anche Mediterranea, in un post pubblicato su Facebook, definisce "gravissimo il silenzio delle autorità di Malta e Italia".

"Se il gommone non è ancora affondato e le 55 persone sono ancora vive, adesso dovrebbe trovarsi a meno di 30 miglia nautiche da Lampedusa", continuano invitando il governo italiano ad"intervenire in soccorso, anche fuori dalle acque territoriali". Le partenze dalle coste africane si sono intensificate nelle ultime ore. Nonostante il decreto che nei giorni scorsi ha stabilito la chiusura dei porti a causa dell’emergenza sanitaria, 177 migranti sono sbarcati in Sicilia a Pozzallo e Portopalo.

Da Bruxelles intanto fanno sapere che "non è competenza della Commissione europea avere opinioni sulla questione dei porti sicuri o non sicuri o indicare dei luoghi di sbarco delle persone salvate in mare".

"Siamo coscienti che gli Stati membri sono in contatto gli uni con gli altri su questa situazione eccezionale" e "incoraggiamo gli Stati membri a continuare lavorare insieme in uno spirito di collaborazione per trovare delle soluzioni", ha detto uno dei portavoce dell'istituzione, Adalbert Jahnz, assicurando che la Commissione è pronta a "fornire assistenza se necessario".

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