“Ascoltami cazzo... non perdiamo tempo... nella cosa della prefettura non c'è niente che possa fare ipotizzare una concussione... io l'ho letta...". A parlare al telefono con Mimmo Lucano è il magistrato Emilio Sirianni. Il “modello Riace” era a rischio e bisognava fare di tutto per salvarlo. Anche mettere in pericolo la propria professione, come ha fatto la toga amica di Lucano. Fummo i primi a scrivere della relazione di amicizia tra Lucano e Sirianni, che consigliava al sindaco (indagato) di “non parlare al telefono” durante le indagini. Indagini lunghe e scrupolose portate avanti dai finanzieri di Locri. Indagini che hanno portato prima all’arresto di Mimmo Lucano e, poi, al divieto di dimora nel comune di Riace.
Dopo la nostra indiscrezione il Csm ha aperto una pratica sul giudice della Corte di appello di Catanzaro. Un’indagine interna che, pare, non abbia portato a nulla. Ma per il Pm di Locri, che segue le indagini, il magistrato (indagato per favoreggiamento a Mimmo Lucano) ha usato un atteggiamento “poco consono a una persona appartenente all’ordinamento giudiziario, la quale peraltro era consapevole di parlare con una persona indagata”.
Oggi siamo in grado di fornirvi ulteriori informazioni e dettagli sul rapporto tra l’ex sindaco di Riace e il giudice. Le intercettazioni parlano chiaro, il tono tra i due è amicale. Il giudice dà consigli e suggerimenti su cosa fare. Sirianni appare come una figura a metà tra il consulente di immagine e l'avvocato difensore di Lucano.
In una telefonata fiume di oltre 19 minuti, di cui noi de Il Giornale siamo entrati in possesso in maniera esclusiva, i finanzieri intercettano il 9 ottobre del 2017 il magistrato Sirianni che suggerisce a “Mimì” la linea difensiva da seguire (ascolta i punti salienti). “Non c'è niente che possa far ipotizzare una concussione..., quindi questa concussione devono o se la sono proprio inventata o devono averla tirata fuori da qualche altra cosa quindi c'è qualcuno che potrebbe avere fatto una cosa del genere anche in piccolo?” chiede il giudice a Lucano, che divaga. Sirianni avverte: "ascolta ... Mimmo allora bisogna prepararsi… perché l'ispezione è una puttanata… quindi queste associazioni dovete eh contattarle tutte... tutti i responsabili di queste associazioni e chiedergli se sono disposti a dichiarare per iscritto all'avvocato, perché queste si chiamano indagini difensive, come sono andate le cose e cioè che tu non gli hai chiesto i soldi per metterteli in tasca...” dice il giudice che, grazie al proprio bagaglio di esperienza, è in grado di suggerire bene a “Mimì” cosa fare.
Sirianni si preoccupa anche della professionalità dei legali dell’ex sindaco e, sempre al telefono, gli dice di avere preso informazioni sui suoi difensori: “Un collega che lo conosce mi ha detto che ultimamente è svaporato i capa… Ha troppi pensieri per la testa, meglio che ci sia un altro avvocato che lo affianca.” Siriani seguiva passo passo Lucano. Era lui ad indicare a Lucano come rispondere alla Prefettura di Reggio Calabria che ha sollevato una serie di dubbi sulla gestione dei progetti di accoglienza. L’ex sindaco manda al giudice le carte che riceve, lui gli spiega come difendersi, prepara per lui le risposte da inviare al Prefetto, si occupa persino delle sue conferenze stampa “organizzando in favore dello stesso una base di consenso popolare per sostenere la sua azione nell'ambito dell'accoglienza.” Tutto studiato nei minimi particolari.
Lucano ammette di aver chiesto soldi alle associazioni che gestivano i migranti per pagare le feste e i cantanti. Soldi stanziati e destinati solo ed esclusivamente per i migranti. Soldi che non potevano essere utilizzati per altro. Sempre nelle stessa telefonata Mimmo Lucano, in riferimento ai soldi utilizzati per pagare artisti e spettacoli, dice al giudice: “Quando noi facciamo le manifestazioni estive alle associazioni io, ma né con violenza né con forza né con nessuna cosa, siccome il progetto si chiama festival dell'accoglienza e della legalità mettete un contributo, mettete un contributo, se è possibile e non che i soldi li danno a me, li mettono loro per pagare quello che non possiamo fare come Comune perché non ci basta come Comune.” E il giudice chiede a Lucano: "E alle associazioni che fanno cosa scusa?” E Lucano risponde: “che fanno i progetti di accoglienza!!! Io mica l'ho chiesto per una cosa per darmi i soldi personali o perché devo darmi i soldi per fare con la violenza... semplicemente una indicazione .... facciamo come una colletta e sosteniamo un processo che sul piano culturale comunque si collega a questo…” Peccato, però, che quei soldi non potevano essere usati. Finanziamenti “distratti” dai fondi per i profughi, scrivono gli inquirenti.
Il giudice consiglia a Lucano di sentire tutte le associazioni, “tutti i responsabili di queste associazioni e chiedergli se sono disposti a dichiarare per iscritto all'avvocato, perché queste si chiamano indagini difensive, come sono andate le cose e cioè che tu non gli hai chiesto i soldi per metterteli in tasca... Mimmo ti sto dicendo come ti devi difendere hai capito... eh ho capito tutto quello stronzo del vicesindaco è andato a mettergli questa pulce nell'orecchio. È inutile che stiamo qua a fare ...
dobbiamo essere operativi è inutile che stiamo qua a fare lamentazioni e perdere tempo perché il tempo stringe quindi numero uno i tuoi difensori, si chiamano indagini difensive, devono individuare tutti i responsabili di queste associazioni e sentirli, come se fosse un pubblico ministero che fa una indagine.” Consiglia l’esperto magistrato a Lucano. Il giudice, innamorato di Riace e del progetto di accoglienza, pare aver messo da parte la propria professionalità. Non resta da vedere come si comporterà questa volta il Csm.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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