Gli orchi del Trivulzio in realtà erano eroi

Ieri al Pio Albergo Trivulzio cadeva una ricorrenza molto particolare. Era un anno dal blitz della Guardia di finanza che su ordine della Procura ha perquisito la struttura e ha sequestrato centinaia di cartelle cliniche e altri documenti

Gli orchi del Trivulzio in realtà erano eroi

Ieri al Pio Albergo Trivulzio cadeva una ricorrenza molto particolare. Era un anno dal blitz della Guardia di finanza che su ordine della Procura ha perquisito la struttura e ha sequestrato centinaia di cartelle cliniche e altri documenti. Una giornata che coloro che lavorano al Pat ricordano molto bene, anche perché arrivò dopo giorni di gogna su alcuni giornali che in prima pagina indicavano la Baggina come un lager in cui gli anziani venivano lasciati morire senza contromisure e senza pietà e le bare finivano accatastate (e «opportunamente» fotografate).

Quel fiume mediatico, nato con Gad Lerner su Repubblica, investì i lavoratori, i pazienti e le famiglie del Trivulzio come una seconda catastrofe, dopo la pandemia. E come un altro virus contagiò molta parte del pubblico. Scattò una sorta di riflesso condizionato: Trivulzio uguale mazzette uguale malaffare uguale incuria uguale pazienti fragili abbandonati a se stessi. L'inchiesta dei pm milanesi è in corso. Ma a un anno di distanza si possono tirare un po' di somme. A partire da qui: da ottobre che l'area Rsa dell'istituto non registra neppure un contagio. Zero ospiti positivi nella seconda ondata e zero nella terza. Due periodi che in alcuni luoghi, ad esempio negli ospedali, hanno fatto anche più danni della prima ondata. Non solo. Gli oltre 500 tamponi effettuati nell'ultima settimana di marzo nelle varie strutture del Pat sono risultati tutti negativi. Un traguardo a livello nazionale per la più grande residenza per anziani d'Italia che oggi ha circa 700 persone ricoverate.

Merito di una «sforzo corale», ha detto il supervisore Fabrizio Pregliasco. Dell'impegno della squadra di uomini (soprattutto donne, in verità) che affiancano il dg Giuseppe Calicchio. Per mesi, a testa bassa, tamponi a tappeto a pazienti e operatori, Dpi completi sempre e in ogni reparto e poi, certo, sono arrivati i benedetti vaccini. Qui sono immunizzati tutti gli anziani e quasi il 100 per cento dei poco meno di 2mila dipendenti. Ma come è stato possibile? Quello staff composto da «mostri» e incompetenti la primavera scorsa sarà stato azzerato e totalmente sostituito, si dirà. Stupirà al contrario il fatto che la task force d'emergenza è composta, da allora, dagli stessi medici e scienziati che già ricoprivano ruoli dirigenziali prima del disastro Covid.

Le medesime persone si sono inspiegabilmente trasformate da incapaci e prive di cura per i degenti in squadra di eccellenza? Pare improbabile. Al Trivulzio non si auto incensano: «Sono stati fatti errori», dicono. Ma se le persone in campo, sia quelle con responsabilità sia quelle che si dedicano a screening e organizzazione dei reparti, sono le stesse, non sarà che i decessi e i contagi dei primi mesi di pandemia sono dovuti ad altri fattori? Al disastro globale, in cui il virus ha travolto tutto e tutti. Alla mancanza di mascherine, non fornite alle Rsa dall'ente pubblico che dirottava le poche disponibili sugli ospedali e utilizzate i primi tempi, qui come altrove, solo nei casi previsti dai protocolli. La scorta casalinga del Trivulzio si è presto esaurita e le richieste alle aziende produttrici venivano ignorate. La prima partita di Dpi è stata consegnata il 27 marzo, 1.500 pezzi che sarebbero bastati per tre giorni. Succede che alcuni scatoloni di Ffp2 con la scritta «Pat» pronti da consegnare vengano prelevate dalle forze dell'ordine. Ancora: all'assenza di tamponi diagnostici, anche questi non contemplati dalle direttive per le residenze per anziani. Il Pat è riuscito a recuperarne un po' chiedendo un favore solo il 16 aprile: siamo a quasi due mesi da Codogno.

E alla triste verità che un anno fa (e forse ancora oggi) in tutti i piani d'emergenza nazionali e mondiali il capitolo strutture socio assistenziali era relegato in una nota a pie' di pagina. Alla Baggina non ci sono mostri né santi. Di certo ci sono persone che lavorano con impegno e passione e che sono state messe in croce ingiustamente.

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