A ottobre arriverà la grande mazzata

I conti non tornano: a ottobre i trucchi finiranno. E il governo dovrà rinunciare alle promesse elettorali senza copertura

A ottobre arriverà la grande mazzata

Standard & Poor's, una delle tre principali agenzie di rating, assieme a Moody's e Fitch, rimanda il governo italiano all'esame di ottobre, quando esso dovrà presentare la legge di bilancio triennale per il 2020-22. Poiché il nostro rating di S&P è BBB, con prospettiva negativa, la bocciatura a ottobre ci porterebbe a 2BB e avrebbe un effetto di terremoto anche sulle valutazioni di Moody's, che dà al nostro debito pubblico la valutazione Baa2 e di Fitch, che gli dà BBB. È noto che non sempre queste valutazioni sono imparziali. Ma sta di fatto che esse sono utilizzate dalle banche centrali per le valutazioni dei titoli pubblici statali e regionali e locali e dei titoli privati che esse comperano, quando fanno politiche monetarie antirecessive e per le valutazioni dei titoli emessi da banche e compagnie finanziarie e industriali. Ogni punto in meno delle 3 B si riflette sul costo del denaro. Ce la siamo cavata per un pelo, nell'esame di aprile di S&P per due ragioni, che non sono merito di questo governo litigioso, con vistosi buchi di bilancio, eppur dedito a promesse costose o impossibili. La prima ragione è che S&P nelle valutazioni dell'ottobre 2018 aveva stimato il nostro deficit al 2,7% del Pil sulla base del costo per il 2019 del reddito di cittadinanza e delle pensioni a quota 100. Il governo gialloverde, per evitare che l'Europa ponesse il veto a questo deficit che contraddiceva l'obbiettivo dello 1,8% concordato con Bruxelles, e per evitare un'impennata del debito, aveva di fatto spostato l'attuazione effettiva delle due misure a maggio, facendo emergere solo nel 2020 il costo per 12 mesi delle due misure, sterilizzato con la finta copertura della clausola di salvaguardia dell'aumento dell'Iva e delle accise. Il deficit per il 2019 era stato limato al 2,04 con altri espedienti. Ora S&P avendo abbassato il tasso di crescita del Pil del 2019 al +0,1 (per il nostro governo è +0,2) e quello del 2020 a +0,6%, valuta che il deficit di bilancio sia il 2,4%: più del 2,04 governativo, ma meno del 2,7 previsto nell'ottobre 2018.

L'altra ragione per cui il rating non è stato peggiorato ora è che, come rileva S&P, il patrimonio degli italiani in titoli esteri eguaglia, se non supera, il nostro debito estero. Del resto, contando i capitali italiani legalmente domiciliati in Stati esteri, cosa che S&P non considera, il nostro debito pubblico estero è molto minore di quello ufficiale. Un punto di forza della nostra economia, che ha come contraltare la sfiducia nel governo gialloverde. A ottobre, però, i trucchi finiranno. Il governo dovrà rinunciare alle nuove promesse elettorali senza copertura.

E dovrà metter mano alle clausole di aumento dell'Iva e delle accise, salvo decretare la fine della danza macabra di più spesa assistenziale, meno investimenti, più giustizialismi, più balzelli fiscali e parafiscali, più tagli retroattivi di diritti acquisti, più statalizzazioni, caos libico. E tornare all'economia di mercato.

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