Il 19 luglio del 1992 Paolo Borsellino moriva tragicamente nell'attentato mafioso di via d'Amelio, due mesi dopo il suo amico e collega Giovanni Falcone. Borsellino era appena uscito dall'appartamento della madre, che era andato a visitare. Uscito di casa, il tragico scoppio, con un boato udito in una Palermo stanca e sfibrata da anni di sparatorie, morti ed esplosioni.
Paolo Borsellino era un magistrato "politico" nel senso più nobile del termine. Da giovane era stato un attivista del Fuan, l'organizzazione giovanile del Movimento sociale italiano. Ciò non gli aveva impedito di stringere un rapporto di profonda amicizia con il "rivale" Falcone, di orientamento politico opposto al suo. Ma ci arriveremo.
La storia professionale di Borsellino inizia a 23 anni, nel 1963, quando diventa il più giovane magistrato d'Italia. Fino al 1975, lavora come pretore a Mazara del Vallo e Monreale, dove comincia a lavorare sui primi casi di mafia insieme al capitano dei carabinieri Emanuele Basile.
Ereditata dal commissario Boris Giuliano l'indagine sui rapporti tra i mafiosi di Altofonte e Corso dei Mille, Borsellino stringe un rapporto di amicizia con il capo dell'Ufficio istruzione Rocco Chinnici, ucciso da un'autobomba piazzata davanti a casa sua. Nel 1980 gli viene concessa la scorta: è da quel momento che la carriera di Borsellino fa il vero salto di qualità.
Al posto di Chinnici arriva il giudice Caponnetto, che decide di prendere gli uomini migliori della Procura per formare un gruppo di lavoro che si occupi dei soli reati mafiosi: nasce il pool antimafia, di cui si comincia a parlare in tutta Italia per l'estrema modernità dei metodi di lavoro, basati sull'incrocio di documenti e sul continuo scambio di informazioni.
Tra il 1985 e il 1986, Borsellino lavora insieme agli altri membri del pool per preparare il maxiprocesso. Iniziato nel 1986 e terminato nel 1992, porta alla condanna di 342 mafiosi. Successivamente Borsellino accetta il trasferimento alla Procura di Marsala, accogliendo con stupore la notizia della mancata nomina di Falcone a capo della Direzione antimafia.
Ed è proprio con Falcone che Borsellino stringe la più grande amicizia della sua vita. I due condividono tutto, sul lavoro come nella vita privata. Secondo il fratello di Borsellino, Salvatore, i due si salutavano in modo originale: Falcone facendo il pugno chiuso, Borsellino con il saluto romano.
Sì, perché la fede politica di destra di Borsellino è sempre stata fortissima, tanto che appena quattro giorni prima della strage di via D'amelio, il gruppo parlamentare del Movimento sociale italiano votò proprio il giudice palermitano nelle elezioni del nuovo presidente della Repubblica: Borsellino ricevette 47 voti, ma alla fine vinse Oscar Luigi Scalfaro.
Poi la tragica morte,
avvenuta attraverso un'autobomba piazzata sotto la casa della madre del giudice. Oggi, a distanza di 25 anni, non sono ancora stati individuati i responsabili materiali e i mandanti di quel barbaro attentato.
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