Il nuovo siero vietnamita anti Covid

Il siero è prodotto dalla società statunitense Arcturus Therapeutics

Il nuovo siero vietnamita anti Covid

Costa meno, è più agevole da trasportare, facile da conservare e più sicuro. Sono le proprietà del nuovo vaccino che si candida a Rna messaggero. Il siero, prodotto dalla società statunitense Arcturus Therapeutics Holdings funzionerebbe al 55% nel prevenire il Covid-19. A riportarlo è una nota dell’azienda in cui si comunica che è stata superata la fase di sperimentazione III. La sua efficacia, invece, sarebbe del 95 % per quanto concerne la riduzione dei sintomi. In questo modo, quindi, sempre meno persone dovranno ricorrere all’ospedalizzazione.

Il composto è stato provato in Vietnam durante il picco delle varianti Delta e Omicron. Sarebbe stato coinvolto un campione di circa 17mila persone, a cui sono state sottoposte due dosi da 5 milligrammi. Tra la prima e la seconda iniezione trascorso un intervallo di 28 giorni. Tra gli individui che si sarebbero sottoposti al test soltanto uno, tra l’altro un soggetto in età avanzata e con patologie pregresse, avrebbe perso la vita. Nove, invece, le vittime nel gruppo di controllo. Per la restante parte dei volontari solo effetti lievi. Testimonianza, pertanto, di efficacia e sicurezza.

La novità, però, è che questo vaccino è auto-amplificante. Tale aspetto permette non solo di ridurre il materiale virale necessario per produrlo, ma soprattutto consente di fabbricarne quantità maggiori a costi minori. Altro passo in avanti per quanto concerne l’Arcturus Therapeutics è la liofilizzazione della molecola di mRna. Ciò consente di avere un prodotto che può essere trasportato in modo più semplice rispetto al passato e soprattutto non necessita di particolari prerogative per la sua conservazione. Può essere, infatti, tenuto a temperatura ambiente e non c’è bisogno ìdi frigoriferi o altri sistemi per mantenerlo intatto col passare dei giorni. Tale vaccino, inoltre, sembrerebbe che rimarrebbe anche più tempo nel corpo, essendo composto da enzimi che favoriscono la moltiplicazione della proteina Spike.

Non è da escludere, poi, come dichiarato dai vertici aziendali, che lo

studio effettuato negli States possa consentire la produzione di nuove opzioni terapeutiche. L’obiettivo è farsi trovare pronti qualora spuntassero nuovi virus, evitando così quanto accaduto nei primi mesi della pandemia.

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